Inciampare nel malaugurio, cadere, rialzarsi (storia di incomprensioni e di conforto)

La vicinanza al Natale, le notti insonni e le calde luminarie aiutano a fare pulizia nei nostri cassetti mentali. La scorsa notte, mettendo ordine alla memoria, è tornata alla mente una frase che mi dissero anni fa “Ninì, di irreversibile, c’è solo la morte”.
Una carezza in un pugno, direbbe Celentano. Un conforto inaspettato, quasi a giustificare la fallibilità di alcune nostre scelte, una coccola gentile. Rimuginandoci sopra però credo che sia un pungolo, più che un conforto. Uno sprone a battersi anche quando una situazione sembra compromessa, anche quando siamo apparentemente stanchi di combattere.
Insomma, Ninì, l’infallibilità appartiene solo al Papa in fin dei conti (anche se non ci credo minimamente).

A dirla tutta, l’infallibilità apparterrebbe unicamente a Bill Callahan che proprio oggi ha dispensato l’ennesima perla di una carriera senza inciampi “se ci sentiamo soli dovremmo amare tutti, aiutare chiunque, senza dimenticarci di allungare le braccia e connetterci”.

Di depressione e isolamento cantava in Too Many Birds, dove l’uccello nero non riesce a trovare ristoro insieme agli altri volatili. Un malaugurio che nessuno vuole ricevere e accogliere. Ma è proprio nella diversità che risiede la bellezza più lucente, è questo che ho appreso da questa versione personale del Canto di Natale.

“If you could only stop your heart beat for one heart beat.”

Perciò mal-auguri da Pillole.

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