Céu – Tropix

Di pillole brasiliane ne abbiamo sciorinate fin troppe, ci si è dilungati tanto più del dovuto, sicché addì siam giunti all’ultimo capitolo con un’artista giovane rispetto a tutto il vecchiume fin qui trattato. Ed era ora. 

Potere ai giovani!  

Nei precedenti racconti mi sono lamentato, più o meno velatamente, di quanto lo spessore artistico – ed il contributo – delle nuove leve non fosse minimamente paragonabile a quanto prodotto in passato da quelli che poi si sono rivelati essere mostri sacri.
Vero, si giudica sul lungo passo e non sul breve, ma nella maggior parte dei casi, per quel che riguarda la scena attuale si tende ad esaltare – senza troppi giri di parole – chi partorisce il guizzo, salvo poi perdersi con successive produzioni non all’altezza. 

Céu ha avuto il merito di donarci un guizzo splendente con Tropix. Le pecche le ha (come ad esempio quel nefasto gusto di retromania anni ‘80 che ogni tanto si affaccia durante l’ascolto), ma è ampiamente meritevole di uno spazio in questo non-luogo, poi per carità sempre che de gustibus non disputandum est

Lo spazio se l’è guadagnato a suon di gomitate con una delle canzoni che potrebbe essere ritenuta – per affinità – una delle colonne sonore di Pillole: l’eterea, sottile e un po’ pop anni ‘90 Amor Pixelado, delicata e che in pochi si interessano a prendere come riferimento. Oppure il rimbrotto delle tastiere che si impone nel finale di Varanda Suspensa che ricorda tanto il sound dei primi anni duemila, che ridendo e scherzando sono accaduti venti anni fa. 

Da O Menina e o Monstro a mio avviso si alza l’asticella raggiungendo picchi considerevoli: il brano citato, ad esempio, riesce senza difficoltà ad essere catalogato come fuori tempo e fuori dal tempo, ma si fregia di una identità propria (a dispetto di quanto citato prima).
Anche in Minhas Bics si riscontrano sonorità godibili, senza andare in apnea da nostalgia gratuita, dimostrando delle egregie intuizioni che producono un disco brasiliano fortemente atipico. In questi sprazzi Tropix è in grado di suonare internazionale e non annoiante, per tutti i fruitori allergici al portoghese zuccherino adoperato come strumento aggiuntivo. 

Sangrìa, ad esempio, coniuga sapientemente le radici della musica latino-americana al raffinato progresso dell’elettronica, occorso negli ultimi anni e, colto senza imbarazzo da Céu.  

Sin dal primo ascolto sarete capaci di carpire l’estrazione generazionale di Maria do Céu Whitaker Poças, quegli anni ‘80 che si riflettono pesantemente nell’estetica di Tropix.
Un’unione di elementi vintage alla tropicalità brasiliana: il pixel, l’introduzione della musica digitale, la leggerezza matura e le sonorità sintetiche.
Inoltre risalta una capacità compositiva molto verticale, diretta e riconoscibile, il più delle volte elegante, conseguenza delle fortunate origini genealogiche (essendo la figlia di Edgar Poças che ha collaborato negli anni con Moraes MoreiraGal CostaRoberto Carlos e Djavan

Insomma ascoltando Tropix avrete modo di chiudere con serenità questo – mi auguro poco doloroso – ciclo brasiliano. Un disco che, se ascoltato, difficilmente passerà senza lasciare traccia. 

“Finisce così questa pillola breve se ne va… 
Ma aspettate e altre ne avrete! C’era una volta il cantapillole dirà e un’altra pillola comincerà” 

 Breve Pausa e si torna col nuovo ciclo! 

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