Chiasso, rumore, catene, pantaloni di pelle e talco, gilet discutibili, caos allo stato puro senza apparente motivo. L’intenzione è quella di ricreare l’ambiente industriale dove l’ensamble di rumori – dissonanti – contribuisce ad una visione più ampia: il rumore è musica.
Parole forti! Citando l’amato Kent Brockman, un’affermazione ardita che son sicuro possa far storcere più e più nasi.
La provocazione è tangibile, forte ma non fuori luogo. Oggetti desueti come catene, bidoni, lastre di ferro, trapani e altri attrezzi – che potremmo trovare più in un cantiere che in uno studio di registrazione – vengono adoperati in maniera sapiente da Chung, Hacke, F.M. Heineit, Unruh e Bargeld. Una provocazione che come scrivevo poco sopra, non è campata in aria, già John Cage si era cimentato con l’utilizzo di oggetti vari a fine compositivo (i più informati si ricorderanno della partecipazione di un allora allampanato Cage a Lascia o Raddoppia? nel quale – tra paperelle e bollitori – vinse una ragguardevole cifra e nel quale si esibì davanti ad un pubblico ed un Mike Bongiorno in visibilio).
Capita perciò che durante questo periodo – definito il più industrial della band – il pubblico dovesse prestare particolare attenzione durante i live a non rimanere offeso dagli “strumenti” del tutto anomali. Sia mai che una scheggia finisca in un occhio, che la piastrella di ceramica tagli la gola di qualcuno e che le scintille non diano foco allo palco! Non si po’ perir de musica.
Tornando a Cage, vorrei puntualizzare su un aspetto fondamentale: usa il rumore come base per l’improvvisazione, tanto che la sublimazione di questo concetto viene raggiunta con 4’33”, improvvisazione di natura differente ogni volta che viene presentata al pubblico in quanto è proprio l’ambiente che contribuisce all’opera per quei 4 minuti e 33 secondi… della serie Paganini non ripete bbelli!
L’esatto opposto di quanto fatto dagli Einstürzende in questo loro secondo disco (che copierò ed incollerò solo una volta per evitare di rifarlo successivamente Zeichnungen des Patienten O. T.), si può quindi affermare che la strada battuta da Cage e Einstürzende sia la stessa fino a quando – alla biforcazione – uno ha girato a destra e l’altro a sinistra salutandosi con la manina.
L’approccio degli Einstürzende è più casinaro, tant’è che lo stesso Blixa ricopre di urla ogni canzone “è giusto un periodo nel quale preferivo cantare in quel modo. Ogni tanto ci sono ancora delle urla, non sono emozionali ma solo colori tonali. Al tempo di Zeichnungen des Patient O.T. ho cominciato urlando senza pensarci minimamente su.”
Non pensate male, ci sono degli accenni di strumenti più o meno consueti, come in Die Genaue Zeit (solo all’inizio del brano a dire il vero)… inutile fare un approfondimento brano per brano, cosa cazzo volete che vi dica… sarei uno scimunito se provassi a descrivere ogni singolo “brano”… ma lancio un messaggio alla comunità: checché ne pensiate non è inascoltabile come disco, non date troppo peso alle mie parole e non allarmatevi. Certo prendete il disco con le pinze perché… mhh, come dire… non è proprio il disco che consente la concentrazione o aiuta a raggiungere la pace con l’ambiente circostante.
Ma c’è un aspetto affascinante e che rende questo lavoro magnetico, il ruolo di Blixa che con la sua voce, la sua cadenza ed il fascino perverso che esercita la lingua tedesca, si erge a sciamano di un nuovo mondo, apparentemente gelido e apocalittico.
Blixa è capace di far apprezzare qualcosa di estremamente complesso, sostituendosi al santone di Age Of Empires e gridando a pieni polmoni un “Wolololo” capace di catturarci nel suo mondo di rottami, lamiere e spazi abbandonati.
Sono indietro con la lettura attenta dei tuoi post. Grazie per gli E. N.
Non ti preoccupare, non fuggono 🙂 spero che i racconti siano all’altezza delle tue aspettative!