Robert Wyatt – Rock Bottom

Robert Wyatt - Rock Bottom

Chi non ha un album del cuore che porterebbe in un’isola deserta (un po’ come Desmond in Lost quando ascoltava ad libitum Make Your Own Kind Of Music della compianta Mama Cass Elliott) per ascoltarlo senza sosta e senza cenno di stanchezza? Io ad esser sincero ne ho più di uno, ma Rock Bottom è la certezza più che assoluta.

Ho un legame di affetto indissolubile verso questo capolavoro… di sicuro è l’album più vicino al senso della vita e alle domande che affliggono l’essere umano e la redazione di Focus: dal pre e post big-bang al terzo segreto di Fatima; dalla morte di JFK al gol di Turone; dalla crisi mondiale alla domanda dell’uovo e la gallina, ed altri dubbi annosi e privi di consistenza. Sarebbe capace di rivelarvi anche il motivo per il quale siete finiti in un’isola deserta con un disco.

E’ l’album della verità, concepito da diobatteria Wyatt (con l’aiuto determinante della sua sposa Alfreda Benge e di Nick Mason in vece di produttore), entità assoluta e sovrannaturale del mondo musicale – morto e risorto all’età di 28 anni – dando il là ad una seconda vita artistica di una intensità impetuosa.

L’ospedale costringe Wyatt ad un recupero lento dopo l’incidente e Rock Bottom prende una forma differente rispetto al principio; in un luogo in cui vita e morte si susseguono ad un ritmo incessante, permettendo – a chi trascorre un periodo di degenza abbastanza lungo – di riflettere e comprendere delle dinamiche che coinvolgono lo scibile ed oltre. Questo stop forzato di 8 mesi, l’incidente e le passate registrazioni aiutano Wyatt a dirigere la sua vena artistica oltre una sperimentazione ben definita che ha dell’incredibile.

A dire il vero Rock Bottom comincia a prendere vita a Venezia qualche mese prima del tragico incidente. Wyatt accompagna la Benge – impegnata nelle riprese di un film nella città degli innamorati – e lei come attestato d’amore gli regala una tastierina. In questi casi si sa, la ragazza non c’è, la città e la residenza alla Giudecca sono abbastanza suggestivi, e diobatteria comincia a gettare le basi di Rock Bottom scrivendo parti dei testi di Sea Song, A Last Straw, Alife. E’ facile associare le atmosfere ovattate, sottomarine e nebulose alla città lagunare, ma a Robert Wyatt l’incidente ha quietato l’animo e liberato il pensiero da dogmi precostituiti: c’è l’accettazione di non poter più suonare la batteria, le sensazioni percepite nell’album acquistano così una dimensione differente, oltre lo spiritualismo e al di là di ogni forma di intimismo.

In End Of An Ear c’è una follia estremista di fondo che governa l’album, Rock Bottom invece è dominato da un caos ordinato, una sensazione di quiete data dal disordine. Antipodi che vengono assimilati e omogeneizzati in un unicum. E’ come se Wyatt avesse raggiunto il nirvana mentre intorno a lui si stava scatenando la fine del mondo, un atto di fede verso sé stesso e l’universo che lo circonda. Il silenzio nelle filosofie orientali viene definito come verità, a mio avviso il concetto di silenzio si avvicina alle preghiere elegiache di Alifib e Alife dove introduce delle parole che non esistono permeandole di un senso e di un messaggio che non sarebbe stato possibile trasmettere altrimenti.

In Alifib il respiro di Robert Wyatt si fa ritmo e batteria concependo l’anima della canzone sul quale poi si poggiano il basso e la tastiera, una accettazione del suo stato che sprofonda nell’ angoscia di Alife (il nomignolo storpiato della Benge) dove si percepisce il disagio di Wyatt nel comprendere la sua condizione assoluta e ormai imprescindibile (la paralisi dalla cintola in giù e una vita ordinaria e limitata), il terrore e l’incubo di gravare sulla vita della sua compagna.

Ma tutto Rock Bottom è un viaggio fino agli abissi non solo marini ma interiori. Si è dinanzi ad un auto-processo, cambia la sua visione della vita e della musica, non è più necessario ora comporre per il gruppo come in precedenza. La scelta può cadere su diversi musicisti in base alle esigenze della canzone, quindi non c’è più l’utilizzo degli stessi strumenti per ogni canzone e questo lo porta a sviluppare il diaframma per far della voce uno strumento completo e malleabile.

Il Rock Bottom trova la sua esplosione totale in Little Red Robin Hood, ‘Dead moles lie inside their holes’, Wyatt si identifica nelle talpe, animali abituati al buio e al silenzio, considerati inutili e destinati ad una fine scritta ‘The dead-end tunnels crumble in the rain underfoot’. Si ha la percezione di aver toccato il fondo di un’era non solo personale, è una Apocalisse sonora che si inceppa sul verso ‘Can’t you see them?‘ come un mantra che fa collassare tutto ciò che lo circonda, come se Wyatt avesse compreso la “verità” e il peso dell’universo ora lo schiaccia crollandogli addosso.

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