
Il solco della Bossa Nova è stato tracciato da Tom Jobim e Vinícius de Moraes con Orfeu da Conceição, ma chi ne ha definito il perimetro è stato João Gilberto, il parceiro che mancava agli altri due per dare forma allo stile musicale in maniera definitiva.
È prioritario cercare di definire in primis il significato di Bossa Nova. Gildo De Stefano, uno dei massimi esperti di musica brasiliana, spiega che la mera traduzione letterale del termine indicherebbe una “nuova protuberanza”, in senso lato sarebbe interpretabile come “nuova attitudine”.
Con Bossa Nova quindi si è cercato di indicare qualcosa di più che al passo coi tempi, un qualcosa che dei tempi ne ha stabilito i confini.
In tutto questo, chi era João?
Colui che ha dato il tocco alla Bossa, il suo massimo esponente. Il trait d’union tra passato e futuro della musica brasiliana.
Sembra che il suo modo di cantare, così malinconico ma deciso, dritto e privo di vibrati, fosse ispirato all’espressività sonora di Miles Davis, più in generale al jazz moderno, quello che i critici “bianchi” [per dirla alla Miles, severamente incazzato ndr] hanno etichettato – con sdegno di Davis – cool jazz.
Citando il buon Maurizio Costanzo “Che? Ahhh il jjjezzz”, Sì, proprio quello! Si è rivelato di fondamentale ispirazione per Gilberto.
Quindi da questo calderone sono cominciate a pulsare fuori le idee musicali di João, che hanno incontrato la freddezza di un pubblico tradizionalista, ancorato al samba e ad una fruizione musicale vetusta.
Tra il peregrinare ramingo e un collasso cardiaco, sembra che il destino del buon Joazinho sia quello di abbandonare la musica, ma la vita ti aiuta quando meno te lo aspetti e come ci ricorderà Vinícius qualche anno dopo, “la vita è l’arte dell’incontro”.
L’incontro in questione è quello con Jobim che in profonda amicizia lo aiuta nella definizione del proprio IO musicale. Solo in ultimo interviene de Moraes che evolve i testi in qualcosa di leggiadro, delicato, estremamente sensibile.
Vede la luce così il primo disco Bossa Nova, quello Chega de Saudade che riceve in dono il titolo dall’omonimo brano, Manifesto musicale della Bossa. Chi di voi lettori ha qualche base musicale, è a conoscenza di quanto sia una pigna nel culo suonare fedelmente brani di Bossa alla chitarra.
Chega de Saudade contiene il ritmo samba con armonie e melodie del jazz, la peculiarità del brano è quel cambio dagli accordi minori in maggiori che offrono un’apertura al brano, conseguente al testo.
Una traduzione fedele del titolo potrebbe essere “Basta con la nostalgia”, anche se come vedremo nei prossimi articoli, il sentimento di saudade ha una complessità smaccata e non può essere ridotto a mera nostalgia. Nel brano, sapientemente scritto da de Moraes e musicato da Jobim, si racconta con le parole e con accordi minori di come il soggetto protagonista sia triste per la distanza dalla propria amata:
Mia tristezza, vai e dille che senza di lei
Non può essere, Dille in una preghiera
Che deve ritornare, perché io non posso più soffrire. Basta con la nostalgia la realtà è che senza di lei non c’è pace, non c’è bellezza
È solo tristezza e malinconia
Che non va via da me, non va vie, non esce
Da qui parte una modulazione in tonalità maggiore, a cui corrisponde un cambio di prospettive. Il brano si apre. Si percepisce la speranza che balena nella mente del soggetto “Ma se lei tornasse…” con relative seghe mentali su quanto sarebbe bello se si verificasse quella condizione.
Ma se lei tornasse, se lei tornasse,
che cosa bella, che cosa pazza. Ci sono meno pesciolini che nuotano nel mare
che i baci che le darei
sulla sua bocca, tra le mie braccia.
Gli abbracci devono essere, milioni di abbracci
così vicino, così attaccato, così silenzioso
Abbracci e baci e affetto senza fine.
Per farla finita con questa storia di te che vivi senza di me
Non voglio più queste storie di te lontano da me.
Quindi il brano subisce a metà una rottura, che intende spezzare la nostalgia, per dare vita alla speranza. Ci troviamo di fronte a un brano di una bellezza rara, frutto di tre menti geniali, dei tre caballeros della Bossa Nova.
Pertanto, siate gentili con voi stessi, cercate di ascoltare con cognizione di causa questo breve disco di 22 minuti. Coccolatevi in questo tripudio, di allegria, malinconia, felicità e tristezza, che in fondo sono i sentimenti che viviamo oggi, tanto contrastanti quanto è la vita. Chega de Saudade è un album seminale per capire la ricchezza della musica brasiliana, ci troverete la meraviglia di Desafinado che anch’ella da sola varrebbe tutto l’album, ne apprezzerete ogni sfumatura, anche solo per la dolcezza di Ho-ba-la-la o per la felicità che piccoli brani come Bim Bom trasmettono fin sotto l’epidermide.
Buon ascolto.