Nick Cave & The Bad Seeds – Murder Ballads

Nick Cave and the Bad Seeds - Murder Ballads

Le Murder Ballads sono una delle espressioni più tipiche della musica folk angloamericana, perfettamente centrate con la poetica e lo stile di Nicola Caverna.

Murder Ballads non è solo il titolo ma anche la sinossi dell’album, un concept incentrato su omicidi – storie d’amore naufragate, dilemmi morali, vittime e carnefici – in una sorta di Antologia di Spoon River versione 2.0, che ha rappresentato un enorme successo di critica e di pubblico grazie anche alla partecipazione di PJ Harvey (all’epoca squinzia di Nick Cave) e Kylie Minogue (all’epoca molto fica).

Stagger Lee – storpiata in Stagolee – narra fatti di cronaca nera (in quanto Lee di origine afroamericana) avvenuti realmente nella fine del ‘800 che hanno in Lee Shelton “Stag” il protagonista (stag in slang significa “senza amici”, da ciò si evince che se ci fosse stato Facebook nel 1800 sicuramente si sarebbe potuta evitata una carneficina). Tanti i musicisti che nel corso degli anni hanno raccontato la follia compiuta da Stagolee, reo di aver ucciso un barista – e non solo – per futili motivi nella notte di Natale, entrando nell’immaginario collettivo degli americani. Nick Cave rispetto a tutte le altre versione, narra la storia in maniera molto cruenta, anacronistica (portando i fatti agli anni ’30 del XX secolo) e da una prospettiva neutrale, dove lo stesso Stagolee anti-eroe (come Butch e Cassidy o altri casi di banditismo americani) si definisce “bad motherfucker”.

Si prosegue con Henry Lee, che non è il fratello di Stagger, bensì il secondo brano proveniente dal filone tradizionale, interpretato magistralmente con PJ Harvey.

La canzone ha origine in Scozia come Young Hunting, ha le proprie varianti nel resto del Regno Unito ma anche negli Stati Uniti (qui conosciuta come Henry Lee e Love Henry) e ci racconta di una donna che non trovando il proprio amore corrisposto decide di porre fine alla vita dell’uomo (della serie “o io o nessuna”).

Il testo della versione di Cave è mutuato dalla versione di Dick Justice, ma la struttura musicale viene stravolta e da ballata campagnola – con forcone e spiga di grano in bocca – a nenia cupa (melodia resa poi tzigana e utilizzata in The Curse of Millhaven).

Il boom di questo album però è quasi totalmente imputabile al duetto con Kylie Minogue, all’epoca fidanzata con Michael Hutchence, che funse da intermediario tra Cave e la Minogue.

Candidamente la cantante ha successivamente ammesso di non conoscere quasi affatto Nick Cave prima di ricevere la proposta di collaborazione. Oh rabbia!

Fatto sta che anche Where the Wild Roses Grow trae ispirazione da un canto tradizionale (Down In the Willow Garden, ri-arrangiata e presente nel lato B del singolo con la Minogue), ma è stata appositamente scritta per la cantante; difatti Nick Cave ha avuto un’ossessione di circa 6 anni per lei che l’ha portato a buttare nero su bianco il brano, incentrato sul dialogo tra l’assassino e l’assassinata.

Song of Joy è il brano di apertura del disco; il titolo è un gioco di parole che offre una doppia chiave di lettura “Canzone della Gioia” e “Canzone di Joy” lasciando presagire lo spirito triste e agrodolce di Murder Ballads. 

Si descrive il viaggio di un uomo – alla ricerca dell’assassino di sua moglie (Joy) e dei suoi figli – che fermandosi in una baita di notte racconta tutti i suoi cazzi all’oste. Mano a mano si arriva alla fine del brano con un dubbio sottinteso, non sarà che il marito è l’omicida? Non vorremmo essere nei panni dell’oste (chili e chili di merda). Questo brano sembra sia il seguito di Red Right Hand presente in Let Love In.

La cover di Dylan, Death is Not the End è una We are the World dei poveri che chiude il disco ed è l’unica canzone nella quale non muore nessuno.

Alla fine dell’album possiamo contare 65 omicidi (di cui 23 solo in The Curse of Millhaven).

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