Linda è una delle scoperte più piacevoli che potessi fare negli ultimi anni di ascolti, una equilibrista borderline ora un po’ Joni Mitchell e ora un po’ Vashti Bunyan passando però per Grace Slick. Di ognuna ricorda timbrica, composizioni, la carica ed il fascino. Nella lisergia e nel misticismo può essere messa in parallelo(gram) a Pink Floyd barrettiani e al Tim Buckley Lorchiano.
Da molti è stata bollata con troppa fretta come una copia sbagliata di Joni Mitchell, recidendone probabilmente le speranze di una carriera che avrebbe potuto offrire ulteriori spunti musicali. In comune con la sweet Joni ha – oltre all’aver vissuto nel Topanga Canyon – anche il canto da usignolo, una voce da sirena ed una versatilità riscontrabile in Parallelograms.
Questo disco va ad inserirsi all’interno di un disegno più grande, fa parte del mosaico raccontatoci in If I Could Only Remember My Name da David Crosby, divenendo un’opera imprescindibile nello psych-folk, fonte di ispirazioni per le generazioni successive. La vita è stata strana ma generosa con la Perhacs, donandole un intreccio curioso, il suo lavoro da igienista dentale fu interrotto quando le venne offerta da Leonard Rosenman – pluri-premiato compositore – l’occasione di pubblicare le proprie canzoni scritte durante il tempo libero.
Le registrazioni dell’album filarono lisce, Rosenman curò le registrazioni, gli effetti elettronici e gli arrangiamenti assieme alla stessa Linda, ma quando ella ascoltò l’acetato ne fu colpita negativamente, in quanto il prodotto finale era tutt’altro che soddisfacente o in linea con quanto da lei ipotizzato. La Kapp Production fu del tutto scoraggiata dal diffondere l’album, giudicandolo poco fruibile.
Il fallimento nella commercializzazione e la produzione deficitaria dell’album, la ricondusse al suo lavoro originale, sino a che non è stata riscoperta negli ultimi anni da alcuni artisti contemporanei (come Devendra Banhart e Julia Holter), che l’hanno guidata alla registrazione di un nuovo album (praticamente quanto accaduto alla Bunyan). L’ascendente della Perhacs sulla maggioranza della gioventù musicale è palese tanto da farci capire quanto – artisti meno talentuosi – siano in grado di raccogliere i frutti seminati decadi fa da artisti complessivamente più dotati ed ispirati.
E’ inutile che io mi dilunghi sull’intensità ed i significati presenti nel disco, sono veramente molteplici e non sono sicuro vi coinvolgano quanto invece accade con me, ma è giusto ascoltiate quest’album e che lo approfondiate a dovere, perché come tutte le pietre miliari fa parte del patrimonio di tutti e di ciò che ascoltiamo ogni giorno.
Questa è proprio una pillola musicale nel vero senso della parola, e fa parte dell’appuntamento mensile dei dischi poco conosciuti e consigliati da Pillole Musicali 8 bit. L’intento è chiaro, cercare di tediarvi il meno possibile con articoli lunghi cercando di portare alla vostra attenzione un grande disco ed una grande artista.