Con Shooting At The Moon, si compie una evoluzione nel pensiero musicale di Ayers, una crescita compositiva caratterizzata da una vena jazz e da palesi influenze chansonnier, senza tralasciare il prog e la psichedelia, la chimica che genera questo album è una miscela ponderata a differenza di Joy Of A Toy.
Il titolo sicuramente indica la volontà di puntare in alto, forse può apparire ambizioso, ma il risultato non tradisce certamente le aspettative create dal precedente lavoro. Per l’occasione, viene creata una signora band d’accompagnamento di indubbie qualità – The Whole World – tra i quali figura il diciasettenne Mike Oldfield, il sassofonista Lower “Lol” Coxhill, e dove talvolta viene in aiuto alla batteria anche il vecchio amico Robert Wyatt.
Anche in questo caso – Ayers – va a pescare negli archivi dei primi Soft Machine, dove un suo duetto vocale fatto di scambi ed intrecci con Robert Wyatt, genera uno dei più interessanti brani della band monumento di Canterbury. Jet-Propelled Photograph (Shooting at The Moon) da il titolo all’album in questione, continuando a dimostrare quanto Kevin Ayers fosse rimasto legato all’esperienza con i Soft Machine. Shooting At The Moon non è solo una rivisitazione di Jet-Propelled Photograph, ma anche un cordone ombelicale che Ayers non vuole recidere (la chitarra pungente e il caos ricordano fortemente le versioni live di Astronomy Domine), un tributo di gratitudine nei confronti dei Soft Machine che a mio avviso da un valore aggiunto alla produzione dell’Enzo Paolo Turchi d’oltremanica.
Ritornando al discorso dell’eclettismo vocale e compositivo di Ayers – affrontato in Joy Of A Toy – in Shooting At The Moon dimostra molti punti di incontro anche con il Tim Buckley di Starsailor. Dove May I?! è la poesia fatta canzone e l’aria sognante del lungo Senna entra nei polmoni dell’ascoltatore, come avviene per la Moulin Rouge di Tim Buckley, e successivamente nel brano Red Green and You Blue.
Il duetto con Bridget St. John in The Oyster and The Flying Fish ci riporta indietro di un anno – alle storielle di Joy Of A Toy – alleggerendo un disco che ha molteplici passaggi al suo interno, cambi di ritmo vorticosi, le fughe di Reinhardt & Geraldine/Colores Para Dolores alle quali non ci aveva abituato, ritornando al manifesto artistico Clarence in Wonderland che in poco più di 2 minuti racchiude tutto l’Ayers che conosciamo (in questo caso il rimando è tutto a Effervescing Elephant di Barrett).
E’ stupefacente come, Shooting At the Moon, rappresenti una fucina di elementi tanto diversi quanto simili al precedente album di Ayers; si riescono a visualizzare tanti punti comuni ed è sorprendente dove questi portino. Si dimostra un disco più ordinato e più osato, una vena di follia ammaestrata, uno sguardo frequente e non troppo distaccato al passato – sempre sotto l’egida di Jenner – che non rappresenta però un’ancora.