L’ascesa della kosmische musik coincide con una riscoperta della spiritualità orientale (e non) da gran parte dei principali interpreti del movimento. Curioso è il caso dei Popol Vuh con Hosianna Mantra, un album coevo ad Irrlicht.
Schulze per necessità si affida ad una ensamble classica e a strumenti danneggiati ma acustici, spianando il terreno ad un futuro uso consistente dell’elettronica in Cyborg; al contrario i Popol Vuh tornando alle origine acustiche lasciano l’elettronica – e lo fanno per poter esprimere al meglio la sacralità della musica – toccando vette sin lì nemmeno sfiorate da altri, stabilendo uno dei punti più alti della storia musicale.
L’uno appartiene al tutto ed il tutto è il cosmo, siamo ciò che ci circonda, siamo la diversità, yin e yang, questo è l’Hosianna Mantra. Hosianna Mantra è la visione che unisce due parole mistiche ed estreme, provenienti da culture millenarie diametralmente opposte, ma che secondo Fricke hanno in comune la voglia di parlare direttamente al cuore. Si evidenzia la devozione che viene applicata ai concetti di Osanna e Mantra, il credere nell’Ascensione al cielo del Cristo e la preghiera del mantra – un pensiero positivo ripetuto allo sfinimento nella cieca credenza che si realizzi (un po’ come Renato Pozzetto in Da Grande quando ripete “Voglio diventare grande, voglio diventare grande, voglio diventare grande”).
Una sacralità esaltata dall’assenza di percussioni e dalla voce celestiale di Djong Yun, dal piano di Fricke e dal tamboura suonato da Wiese, compiendo la perfetta sintesi tra occidente ed oriente. Una sacralità espressa anche dai titoli dei brani, soprattutto:
Kyrie (il Kyrie Eleyson della liturgia Cristiana)
Hosianna Mantra (di questo abbiamo già discusso sopra)
Abschied (addio)
Segnung (benedizione)
Andacht (preghiera)
Siamo dinanzi a musica sacra, non nell’accezione dei Requiem, dei canti gregoriani o di Symbolum77 (ovverò nell’accezione puramente Cattolica), bensì nella totalità, nell’assenza di esclusione. Hosianna Mantra è il tentativo di trascendere le barriere culturali e la fede per affrontare un discorso più ampio, un approccio alla kosmische musik molto aperto; i Popol Vuh non flirtano più con l’ossessione – che possiamo sentire a tratti anche in Schulze – questo è un richiamo di amore totale, è musica liquida che pone un altro mattoncino per l’ambient e le fondamenta per quella che sarà denominata new-age.