Matia Bazar – Matia Bazar 1

Surprise, surprise!

Ci ritroviamo in questi lidi con gli ABBA liguri, inaspettati… ma anche no.

I Matia Bazar grazie soprattutto alla presenza di Antonella Ruggiero hanno regalato alla storia della musica nostrana dei pezzi da novanta, che non possono essere affatto trascurati, anche da chi non ama i Matia più di tanto, come il sottoscritto. Ma nell’ascolto della musica non è utile essere rigidi, quanto flessibili e capaci di accogliere ciò di buono che fiorisce al di fuori del nostro seminato.

Considerando che in queste pillole estive sono state scomodate sia Alice che Giuni Russo, sarebbe stato ingeneroso non includere all’interno di questo gruppo anche un’altra divinità dell’Olimpo vocale italiano. Espressiva e capace di dare un senso anche all’elenco telefonico, se solo mai si fosse arrischiata nell’avventura di cantarlo.

Bando alle ciance!

I Matia Bazar nascono dalle ceneri dei Jet, l’origine del nome è combinata: Matia è il nome d’arte scelto da Antonella Ruggiero, alla ricerca di un alias che potesse apparire androgino e che sgusciasse dalla connotazione come donna o uomo; mentre Bazar vuole indicare la sfaccettata attitudine della band nel gestire il tutto in autarchia (dall’organizzazione dei concerti alla scelta delle canzoni, dagli arrangiamenti ai testi).

Dopo questo piccola preambolo, i Matia Bazar si affacciano in questo spazio digitale con il loro omonimo disco d’esordio che oltre ai 5 membri storici della band (quindi Ruggiero, Cassano, Marrale, Stellita e Golzi), con un disco pot-pourri registrato negli Studi Ariston che appare abbastanza disorientante essendo composto da suoni differenti: un susseguirsi di acuti, falsetti, disco music, brani in inglese pop e vene prog.

E se lo scat in cui si lancia la Ruggiero nello strumentale Io, Mattia dal forte retrogusto prog, funziona relativamente durante una torbida estate, l’apertura di disco – con l’iconica Per Un’Ora D’Amore – potrebbe tranquillamente offrire il diritto d’accesso di questo disco nell’attuale ciclo di pubblicazione (considerato il prurito estivo scaturito dagli ormoni e inflazionato da mesi dove lo struscio è stato negato in ogni forma possibile).

Il sigillo che legittima definitivamente la presenza in questo spazio digitale è Stasera Che Sera, singolo d’esordio dei Matia Bazar con il quale hanno partecipato a Un Disco per l’Estate, è che sarà il trampolino di lancio per la band verso le classifiche nazionali e non. A questo successo si aggiunge anche Limericks, jingle squisitamente frivolo e da ascoltare a bordo piscina, la sera, con un mojito [avrete capito che mi piacciono i mojito ormai? Ndr] e una collana di fiori al collo, utilizzato anche come sigla della trasmissione La TV dei Ragazzi.

Piccola nota di colore (giusto per annullare i sei gradi di separazione tra un disco raccontato e l’altro), in Un Domani Sempre Pieno di Te – al sax – vi è una nostra conoscenza recente, quell’Hugo Heredia che ci ha gasato con le sue note suonate in Senza Cornice di Alice (e che in questo brano ricorda più la digressione del sax in Cornutone degli Squallor).

Detto ciò abbandonatevi con rilassatezza alla voce di Antonella Ruggiero e chiudete un occhio se qualche brano suonerà un po’ datato e vecchiotto. Ogni tanto direi che ci vuole anche questo!

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Alice – Alice

Ok. Questo è tutto fuorché un disco estivo… però ecco, con un tocco di magia ed un po’ di fantasia ce lo possiamo far diventare. In fondo siamo noi che decidiamo quando ascoltare delle canzoni, pertanto facciamo in modo che una Per Elisa non sia relegata all’etichetta della canzone sanremese, ma facciamola risuonare in filodiffusione nelle spiagge e nelle piscine di tutta Italia.  

In fondo, anche questo omonimo disco di Alice, ben si incastona nel presente ciclo, non disattendendo le alte aspettative prodotte da Capo Nord. Proprio in Capo NordAlice in una recente intervista rilasciata a Vanity Fair, ha riconosciuto la propria svolta nella carriera, prodroma del successo di SanremoPer Elisa è la consacrazione definitiva, la leva capace di offrirle la notorietà non solo nello stivale ma anche nella Germania, patria della musica elettronica. Un riconoscimento dal notevole peso specifico per chi si spende tra sintetizzatori e sonorità “stravaganti” (per l’epoca). 

A differenza di quanto largamente creduto, Per Elisa non racconta di droga, bensì di dipendenza sentimentale. Che poi gli ascoltatori l’abbiano connotata in questa maniera viene apprezzato dai due autori, ma di fatto è stata scritta pensando ad un amore tossico (tanto da comparire nella colonna sonora dell’omonimo film di Claudio Calligari), osservando il circostante e non basandosi su una storia personale di chi l’ha scritta.  

La canzone è stata sviluppata partendo dal titolo: Franco Battiato ha dato l’abbrivo con la frase iniziale “Per Elisa vuoi vedere che perderai anche me” dalla quale poi è fluita tutta la canzone. Il tocco di genio è il vocalizzo dell’omonima bagatella di Beethoven [dimostrando che a Beethoven Sinatra di fatto non preferiva l’insalata; lo stesso Battiato ricordava con affetto quello scherzo provocatorio ndr], che assume una connotazione cupa nella vocalità emessa da Alice.  

In fase di arrangiamento il superbo lavoro di Battiato Giusto Pio è riuscito nell’intento di spingere ancora di più le parole scelte da Alice Battiato.  

Avevo qualcosa da dire? Lo dicevo. Se no, stavo zitta. […] Sarebbe opportuno comportarsi così, in generale. Ma i mezzi di comunicazione di oggi alimentano la superficialità: le parole vengono espresse senza una vera consapevolezza. E quando invece c’è, spesso c’è anche dolo.” 

Una severità che può essere spiazzante, ma che regge su solide basi e che trovo condivisibile, una dote sempre più rara. Difficile da trovare nella società odierna.  

Dopo anni spesi come interprete di brani altrui, Alice decide con risoluzione di dare voce alle proprie parole, una necessità esaltata in Battiato: la sponda giusta per accrescere la capacità nella scrittura. Per quanto la prima parte di carriera di Alice non sia assolutamente da buttare, si nota  – da Capo Nord in poi – il cambio di marcia che si ha nel cantare qualcosa sgorgato dalla propria penna (come A te…Non Ti Confondere Amico e Non Devi Avere Paura). 

Alice dimostra uno spessore che lo emancipa dalla banalità del pop circostante, ad esempio in Una Notte Speciale si vive quel climax musicale che pone un accento etereo al disco, vestendolo di un valore celestiale in contrapposizione alla gravità respirata nell’epica Per Elisa. Senza Cornice ha un sax di sottofondo (suonato da Hugo Heredia)  che risente delle influenze dello zingaro felice (Claudio Lolli) sul quale poi partono l’oboe ed il clarino dal forte odore di Pasqua Etiope

Successivo alla chiusura di Capo Nord con Guerriglia Urbana, passiamo al Tramonto Urbano, anche questo scandito dalla chitarra di Radius che fa da contraltare alla potente voce di Alice che si lascia andare in un grido accorato per tutta la canzone. Decisamente meno squillante rispetto al finale di Capo Nord, ma capace di incastrarsi nell’orecchio dell’ascoltatore rimbombando nel cranio per le ore successive all’ascolto. 

Piccola nota finale: al disco, oltre all’inossidabile duo Battiato-Pio, partecipano Alberto RadiusPaolo Donnaruma al basso (bassista nelle sessioni ne La Voce del Padrone) e l’enorme Walter Calloni alla batteria (che di qua e di là ci mette il suo tiro bello dritto e puntuale).  

Insomma ascoltando Alice, vi renderete conto che in questo disco due-tre chicche adatte alla vostra playlist estiva le troverete senza troppi problemi, nonostante magari quella frivolezza e l’edonismo tipico degli anni ‘80 non figurino più di tanto… e forse direi che questa non è mica una nota negativa.