Björk – Post

 

Bjork - Post

Sembra discorso sciocco e sottostimato, ma mettersi in testa di fare una cover e realizzarla come Cristo comanda, non è un gioco da ragazzi. Badate bene, non intendo mettersi nei panni di una cover band e scopiazzare nota per nota un brano, la carta carbone non va più di moda. No, no, no, qui si parla di artisti che prendono una canzone e la modellano a propria immagine e somiglianza.

Ecco, tra i tanti meriti di Björk annovero proprio la capacità di rimettere mano al classico di Betty Hutton It’s Oh So Quiet – che per essere del 1951 risulta immensamente più ansiogeno della versione della nostra tappetta islandese preferita –rendendolo immensamente più armonioso ed empatico. E poi diciamocela tutta, quant’è maravilioso lo video de Spike Jonze?

Tanto! Mi rispondo da solo e mi stringo persino la mano.

Diciamo che lo regista ha una discreta bravuzia nell’imprimere su pellicola videoclippi musicali e longometraggi. Ma anche Björka è stata braverrima nello scegliere i registi, visto che il buon Gondry le dirige HyperballadArmy Of MeIsobel…  insomma, va sul sicuro.

Ok, possiamo tornare a scrivere in una lingua comprensibile, che ne dite? [Cristo! Cerco di rompere la quarta parete ma datemi una mano anche voi!]

Passiamo a Post, [buffo come questo post sia su Post… una sorta di Post al quadrato. Ok mi sopprimo] uno tsunami all’epoca, che piazza Björk nella lista delle musicanti più fighe del momento, voluta e bramata da tutti.

“Le persone con le quali ho collaborato sono le stesse che andavo a vedere nei club di Londra. Conoscevo ognuno di loro da molto prima che cominciassimo a lavorare insieme”.

Ordunque, sviscerassimo Post dal punto di vista musicale, diremmo che fotografa perfettamente le sonorità del tempo – ed in questo tributiamo il merito a Howie BTricky (fiamma della Björkina all’epoca dei fatti) e Nelee Hooper [questi ultimi due facenti parte di The Wild Bunch di Bristol] – in alcuni brani apparirebbe imbolsito, in altri tutt’ora snello, fluido e piacevole, ma non stiam qui a dare pareri personali.

Gran parte delle tracce vocali sono state registrate alle Bahamas, presso i Compass Studio, tanto che la barrettiana Cover Me ha avuto una sessione di registrazione all’aperto, sotto il cielo stellato dell’isola caraibica. L’audio trasuda un misticismo molto marcato che non risulta in altri brani di questo album.

Post è stato fortemente influenzato dalla distanza dalla mia casa, in un paese dove ognuno crede che tu sia matto”. Il titolo dell’album è un gioco di parole pensato dalla nostra Björkina, che per Post intende sia la posta (una missiva che manda ai propri cari in Islanda), ma anche un modo per evidenziare che tutti i brani sono stati scritti a Londra, dopo aver salutato la propria patria.

“Quello che ho sempre saputo è che avrei registrato due album e li avrei chiamati Debut e Post. Prima e dopo. […] Ho chiamato il disco Post anche perché nella mia testa volevo mandare indietro in Islanda le canzoni in una lettera. Perché è stato un salto nel vuoto trasferirmi lontana dai miei cari, i miei amici e tutto quello che mi circondava”.

Quel che Post ha lasciato a Björk è una enorme tensione emotiva, culminata nell’aggressione ad una reporter (di cui potete tranquillamente trovare i video sul tubo) ed un tentativo di omicidio con pacco bomba da parte di uno stalker. Situazioni che hanno spinto la nostra a fuggire dalla sua base a Londra.

Quel che Post ha lasciato a noi, è un qualcosa di meraviglioso, dalla copertina spettacolare (foto scattata dal fidanzato dell’epoca Stephane Sednaoui) e dalle tante canzoni da tenere nel cuore e nella mente. Forse Post è l’istantanea più brillante della carriera di Björk.

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Tricky – Maxinquaye

Tricky - Maxinquaye

I fuck you in the ass, just for a laugh
With the quick speed I’ll make your nose-bleed
I ride the premenstrual cycle

Tricky si erge a poeta metropolitano del 1995, tra Scatman e Corona (veri mattatori delle estati italiane), con queste frasi sussurrate delicatamente e colme di charme in Abbaon Fat Tracks. Serve altro per catturare la vostra attenzione? Porcellotti che non siete altro!

Per spiegare questo disco dobbiamo però fare dei passi indietro fino al 1992 e all’incontro con l’allora diciassettenne Martina Topley-Bird (con la quale concepirà una figlia durante il periodo di Maxinquaye), quando Tricky la sente cantare poco distante da casa sua, appoggiata ad un muretto… un colpo di fulmine, che si rivelerà molto utile, considerata la volontà di tirarsi fuori dalla continua collaborazione con i Massive. Anch’esso ex The Wild Bunch, ha collaborato con il trio bristolino in più di un’occasione, ma è ora di mettersi in proprio e la piccola Martina appare l’occasione giusta al momento giusto.

Lasciandovi intendere il talento cristallino della Topley-Bird, nei brani che la vedono come protagonista di Maxinquaye [Pumpkin’ è cantata da Allison Goldfrapp dei Goldfrapp e You Don’t da Ragga ndr], le sue tracce vocali sono quasi tutte buone alla prima, lasciandosi andare e cantando istintivamente. Tricky era proprio alla ricerca di una cantante – con un’estrazione sociale differente dalla sua -che interpretasse in maniera distaccata i suoi brani autobiografici, .

Il disco si rivela un viaggio stordito nella Londra degli anni ‘90, non solo quella delle droghe, del sesso e dei club. Dobbiamo smettere il paraocchi per vedere in Maxinquaye uno spaccato sociale di tutto punto, ma soprattutto un tributo a Maxime Quaye, madre defunta di Tricky.

È un lavoro che vive del passato – come per Aftermath brano proposto nel 1993 ai Massive ma rifiutato – senza troppo adagiarvisi, la splendida Hell Is Round The Corner ad esempio vede la campionatura in loop di Ike’s Rap II di Chef Isacc Hayes. Non vi sembra familiare? Se vi dicessi Glory Box dei Portishead? 😀

Il senso di deja vù non si ferma certamente qui, ma continua nella versione 2.0 di Karmakoma – presente in Protection sempre dei Massive – divenuta Overcome. In quest’ultimo brano c’è una chiave di lettura più profonda di quanto lasciassero intendere le parole “Non parla solo di sesso. Anche gli stralci che parlano di sesso, non parlano di sesso veramente. Prendete Overcome You and I walking through the suburbs/ We’re not exactly lovers‘ e poi “And then you wait/ For the next Kuwait‘. Potresti camminare mano nella mano con la tua fidanzata e contemporaneamente il Kuwait venir bombardato. Riguarda quello che accade nello stesso momento, ho cercato di essere tridimensionale, riguarda il mondo. E suppongo ci sia tanto sesso ed altrettanta violenza nel mondo. Io e Martina siamo dei documentatori, ecco cosa siamo. Documentiamo la situazione attorno a noi, violenza, morte, sesso, denaro e altre asperità del mondo”.

Il fatto che Tricky attualmente consideri tutto il disco un’enorme cagata pazzesca la dice lunga sul personaggio e sull’approccio di chi nasce con l’intento di distinguersi. Il fatto che Maxinquaye sia diventato più un disco pop – nell’accezione più larga del termine – e la voce di Martina Topley Bird sia diventata un riferimento da copiare, ha spinto Tricky a ripudiare il suo più grande successo “il successo ha trasformato Maxinquaye in un disco da ascoltare mentre si prende il caffè al tavolo”.

Il giudizio è comprensibile ma troppo severo, certo che il bombardamento mediatico può aver esasperato il giudizio su un disco enorme che ha toccato vette mai più raggiungibili da Trickytraps, ma gli ha concesso anche un credito imperituro per tutte le opere prodotte da lì in poi.

Vorrei dirvi tante altre cose, ma purtroppo mi sono dilungato veramente troppo, giusto per chiusa e per riempire un grado di separazione all’interno del ciclo di pubblicazione ricordo a tutti che Björk e Trickytraps ebbero una tresca, tra Post e Nearly God (secondo lavoro di T.)… insomma lui ci stava bene con lei, lei un po’ meno e alla fine l’ha pisciato.

Saluti.

Massive Attack – Mezzanine

Massive Attack - Mezzanine

Per entrare in modalità trip-hop è doveroso rilassarsi, sedersi comodamente per lasciarsi trasportare dai tempi dilatati che i collettivi di Bristol ci hanno regalato negli anni. 

Chi di voi non ha ascoltato fino alla nausea questo disco smarrendosi in Teardrop, Black Milk, Angel, Exchange e Inertia Creep? Chi non ha consumato Mezzanine nel proprio lettore cd? Nello sciagurato caso nel quale non l’abbiate fatto, avete tutto il tempo per rimediare. 

Mezzanine è un disco apicale per la carriera dei Massive, l’asso viene calato al terzo tentativo e dopo 15 anni di collaborazione iniziata con il collettivo The Wild Bunch – il minimo comun denominatore tra Vowles, Marshall e Del Naja – rappresentando una sorta di allenamento prolungato per raggiungere il giusto equilibrio e un’idea musicale (con)vincente. 

Questa volontà costa l’abbandono di Vowles, in un turbillon di tensioni esplose per le decisioni imposte da Del NajaMarshall come l’ingresso delle chitarre elettriche (con un cambio palese del sound rispetto al passato, vissuta dall’esodato come un tradimento della propria identità e manifesto musicale), alla quale si aggiunge la classica goccia che fa traboccare il vaso affidando la voce di Teardrop ad Elizabeth Fraser (ex Cocteau Twin) anziché Madonna, sponsorizzata caldamente dallo stesso Vowles. 

Con quest’ultimo screzio Mushroom si toglie dalle palle non appena Mezzanine va a scaffale, nonostante Neil Davidge produttore – nonché membro anch’esso di The Wild Bunch – confermasse la bontà dell’intuizione di Del Naja Marshall “è il primo disco ‘very Bristol‘ dei Massive. Blue Lines e Protection è come fossero nati a Londra, non a Bristol… insomma Mezzanine ha quella roba post-punk, quell’altra reggae, un po’ di jazz, funk e perché no prog-rock… è un guazzabuglio di tutte le influenze dei membri della band, me incluso. Sembra il risultato perfetto del lavoro condiviso di tante persone.” 

L’elenco della spesa che Davidge fa, aiuta a capire e discernere un pensiero condiviso da Marshall e Del Naja, che percepivano in Protection un disco più affine ai gusti di Mushroom, non che lo disdegnassero ma – probabilmente – se i Massive avessero continuato per quella strada si sarebbero arenati in un limo difficilmente superabile. Il ripensarsi, introducendo elementi da band live, ha reso i Massive ciò che sono oggi. Non a caso in Risingson troviamo una campionatura – seppur di 10 secondi – di I Found A Reason, come a voler legittimare l’apertura verso quell’idea che ha allontanato Mushroom, ma ci sono anche esempi più eclatanti come in Dissolved Girl. 

La gestazione di Mezzanine è dilatata – tre anni di raccolta e sviluppo delle idee – tra sessioni di registrazione svolte tra Bristol, Londra e Cornovaglia, nelle quali Del Naja ha preso le redini del gruppo diventandone di fatto leader. Il cambiamento è alla base del progresso, accogliere la diversità aiuta questo processo, Del Naja racconta come abbia in qualche modo pesato lo spostamento di equilibri “si dimentica quanto intensamente abbiamo lavorato insieme. Mi capita veramente spesso di sognare di lavorare ancora con Mushroom“. 

Mezzanine è un disco di rottura [di coglioni se non siete pronti ad affrontarlo] col passato, un nuovo inizio che ha catapultato i restanti Assalti Massicci a ridefinirsi, perché in fondo i Massive Attack non sono un gruppo come un altro, ma come dice Del Naja “i Massive Attack sono sempre stati un’idea”. 

P.S. ah Del Naja è Bansky… ora questo articolo è super-indicizzato e prenderò big likes e big money per lo scoop ricicciato ogni 3 mesi da qualsiasi testata web. 

P.P.S. questo si dice in giro, non che qualcuno abbia mai confermato o smentito.  

So long, schiappe!