Björk – Medùlla

Bjork - Medulla

Un nugolo di voci, che si intrecciano come radici di mangrovia, tra le quali sinuosa serpeggia Björk, a suo agio, capace di non rimanere intrappolata nella fitta tessitura. È il suo habitat, quello che Wyatt ha costruito trent’anni prima.

Certo Rock Bottom ha tutt’altro spessore ed un altro senso, ma Björk ha attinto a piene mani dall’insegnamento di Robert – esasperando l’idea sublimata in Rock Bottom – in un climax ansiogeno e emotivamente coinvolgente, nel quale la lingua inventata da Wyatt è sostituita talvolta dall’islandese; l’elettronica accantonata a favore di sovrastrutture vocali adoperate come segnatempo o strumenti, campionate e rese coro nel quale Björk è la voce solista (senza cadere nel tranello del cliché a cappella). Medùlla, è il midollo del nostro mazzamurello islandese [nel vero senso della parola, medulla è midollo in latino ndr], la sua idea pura e sacra di musica.

“Fanculo ai synth, agli archi e all’orchestra! Farò un album solo di voci!”

Vibra nell’aria tanto quanto l'”Eureka!” gridato da Archimede alla scoperta della spinta idrostatica. Proprio così, Björk scopre – grazie all’aiuto dei Matmos (il duo californiano col quale ha collaborato il nostro mazzamurello islandese in Vespertine Medùlla) – che la privazione aggiunge spessore alle tracce più di quanto gli strumenti le arricchiscano. La conseguenza è stata una progressiva ossessione per ogni tipo di suono vocale, seguita dalla necessità di spogliare i brani delle vesti elettroniche e musicali privilegiando un’idea differente (che poi cioè non è che sia propriamente così, visto che per Where Is The LineVokura si è ispirata a Bohemian Rhapsody… quindi ha spogliato i brani per vestirli diversamente).

Ed è qui che entra in gioco il team di sviluppo.

Alt! Piccola premessa: uno dei pregi nella carriera di Björk è stato quello di ricreare un ambiente creativo cosmopolita, nel quale ognuno fosse in grado di esprimere il meglio di sé, l’esperienza personale tracima la competenza. Una tecnica molto vicina a quella di Brian Eno, qui però non si nobilita l’errore bensì viene assecondata l’emozione:

“Ho utilizzato metodi diversi, a seconda della persona che avevo davanti, ma di base ho incoraggiato tutti ad esprimere loro stessi, immaginando fossero delle linee di basso o dei loop di percussioni. Ho anche richiesto al coro islandese di essere un insetto, un uccello o altre creature antiche. La difficoltà si è palesata una volta seduta davanti al computer, quando non avevo idea di cosa editare o meno”.

Percepibili le mille anime nel disco, registrato di luogo in luogo tra una sosta e l’altra, raccogliendo contributi da artisti del calibro di Mike PattonRazhelTagaq Wyatt. Proprio con quest’ultimo Björk registra due brani nella sua casa londinese, alla presenza della mitica Alfie “incredibile! Abbiamo messo a punto il suo studio, registrato un paio di tracce [Submarine e Oceania ndr] e chiacchierato tutta la notte bevendo del vino rosso. Mi ha suonato qualche bebop di Sun Ra di inizio anni ’60, mentre io ho messo un po’ di DAF e qualche brano di Brian Eno dal mio laptop. È stata un’esperienza fantastica e mi sono sentita fortunata di aver incontrato lui ed Alfie. Sono entrambi delle persone ricche di talento e hanno creato il loro piccolo universo distante dal resto del mondo”.

Medùlla è un azzardo del nuovo millennio, un tentativo di riproporre lo sperimentalismo degli anni ‘70 – gradito a fasi alterne all’epoca – ad un pubblico più distratto per definizione, violentato da input di ogni tipo; Björk riesce in un approccio più pop e trasversale rispetto a Rock Bottom, nel quale l’esistenzialismo e la filosofia di Wyatt domina il disco. In parole povere Björk, essendo (stata) icona della scena underground-indipendente, riesce ad arrivare a più persone in confronto a quanto Wyatt sia riuscito in passato.

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Björk – Post

 

Bjork - Post

Sembra discorso sciocco e sottostimato, ma mettersi in testa di fare una cover e realizzarla come Cristo comanda, non è un gioco da ragazzi. Badate bene, non intendo mettersi nei panni di una cover band e scopiazzare nota per nota un brano, la carta carbone non va più di moda. No, no, no, qui si parla di artisti che prendono una canzone e la modellano a propria immagine e somiglianza.

Ecco, tra i tanti meriti di Björk annovero proprio la capacità di rimettere mano al classico di Betty Hutton It’s Oh So Quiet – che per essere del 1951 risulta immensamente più ansiogeno della versione della nostra tappetta islandese preferita –rendendolo immensamente più armonioso ed empatico. E poi diciamocela tutta, quant’è maravilioso lo video de Spike Jonze?

Tanto! Mi rispondo da solo e mi stringo persino la mano.

Diciamo che lo regista ha una discreta bravuzia nell’imprimere su pellicola videoclippi musicali e longometraggi. Ma anche Björka è stata braverrima nello scegliere i registi, visto che il buon Gondry le dirige HyperballadArmy Of MeIsobel…  insomma, va sul sicuro.

Ok, possiamo tornare a scrivere in una lingua comprensibile, che ne dite? [Cristo! Cerco di rompere la quarta parete ma datemi una mano anche voi!]

Passiamo a Post, [buffo come questo post sia su Post… una sorta di Post al quadrato. Ok mi sopprimo] uno tsunami all’epoca, che piazza Björk nella lista delle musicanti più fighe del momento, voluta e bramata da tutti.

“Le persone con le quali ho collaborato sono le stesse che andavo a vedere nei club di Londra. Conoscevo ognuno di loro da molto prima che cominciassimo a lavorare insieme”.

Ordunque, sviscerassimo Post dal punto di vista musicale, diremmo che fotografa perfettamente le sonorità del tempo – ed in questo tributiamo il merito a Howie BTricky (fiamma della Björkina all’epoca dei fatti) e Nelee Hooper [questi ultimi due facenti parte di The Wild Bunch di Bristol] – in alcuni brani apparirebbe imbolsito, in altri tutt’ora snello, fluido e piacevole, ma non stiam qui a dare pareri personali.

Gran parte delle tracce vocali sono state registrate alle Bahamas, presso i Compass Studio, tanto che la barrettiana Cover Me ha avuto una sessione di registrazione all’aperto, sotto il cielo stellato dell’isola caraibica. L’audio trasuda un misticismo molto marcato che non risulta in altri brani di questo album.

Post è stato fortemente influenzato dalla distanza dalla mia casa, in un paese dove ognuno crede che tu sia matto”. Il titolo dell’album è un gioco di parole pensato dalla nostra Björkina, che per Post intende sia la posta (una missiva che manda ai propri cari in Islanda), ma anche un modo per evidenziare che tutti i brani sono stati scritti a Londra, dopo aver salutato la propria patria.

“Quello che ho sempre saputo è che avrei registrato due album e li avrei chiamati Debut e Post. Prima e dopo. […] Ho chiamato il disco Post anche perché nella mia testa volevo mandare indietro in Islanda le canzoni in una lettera. Perché è stato un salto nel vuoto trasferirmi lontana dai miei cari, i miei amici e tutto quello che mi circondava”.

Quel che Post ha lasciato a Björk è una enorme tensione emotiva, culminata nell’aggressione ad una reporter (di cui potete tranquillamente trovare i video sul tubo) ed un tentativo di omicidio con pacco bomba da parte di uno stalker. Situazioni che hanno spinto la nostra a fuggire dalla sua base a Londra.

Quel che Post ha lasciato a noi, è un qualcosa di meraviglioso, dalla copertina spettacolare (foto scattata dal fidanzato dell’epoca Stephane Sednaoui) e dalle tante canzoni da tenere nel cuore e nella mente. Forse Post è l’istantanea più brillante della carriera di Björk.

Tricky – Maxinquaye

Tricky - Maxinquaye

I fuck you in the ass, just for a laugh
With the quick speed I’ll make your nose-bleed
I ride the premenstrual cycle

Tricky si erge a poeta metropolitano del 1995, tra Scatman e Corona (veri mattatori delle estati italiane), con queste frasi sussurrate delicatamente e colme di charme in Abbaon Fat Tracks. Serve altro per catturare la vostra attenzione? Porcellotti che non siete altro!

Per spiegare questo disco dobbiamo però fare dei passi indietro fino al 1992 e all’incontro con l’allora diciassettenne Martina Topley-Bird (con la quale concepirà una figlia durante il periodo di Maxinquaye), quando Tricky la sente cantare poco distante da casa sua, appoggiata ad un muretto… un colpo di fulmine, che si rivelerà molto utile, considerata la volontà di tirarsi fuori dalla continua collaborazione con i Massive. Anch’esso ex The Wild Bunch, ha collaborato con il trio bristolino in più di un’occasione, ma è ora di mettersi in proprio e la piccola Martina appare l’occasione giusta al momento giusto.

Lasciandovi intendere il talento cristallino della Topley-Bird, nei brani che la vedono come protagonista di Maxinquaye [Pumpkin’ è cantata da Allison Goldfrapp dei Goldfrapp e You Don’t da Ragga ndr], le sue tracce vocali sono quasi tutte buone alla prima, lasciandosi andare e cantando istintivamente. Tricky era proprio alla ricerca di una cantante – con un’estrazione sociale differente dalla sua -che interpretasse in maniera distaccata i suoi brani autobiografici, .

Il disco si rivela un viaggio stordito nella Londra degli anni ‘90, non solo quella delle droghe, del sesso e dei club. Dobbiamo smettere il paraocchi per vedere in Maxinquaye uno spaccato sociale di tutto punto, ma soprattutto un tributo a Maxime Quaye, madre defunta di Tricky.

È un lavoro che vive del passato – come per Aftermath brano proposto nel 1993 ai Massive ma rifiutato – senza troppo adagiarvisi, la splendida Hell Is Round The Corner ad esempio vede la campionatura in loop di Ike’s Rap II di Chef Isacc Hayes. Non vi sembra familiare? Se vi dicessi Glory Box dei Portishead? 😀

Il senso di deja vù non si ferma certamente qui, ma continua nella versione 2.0 di Karmakoma – presente in Protection sempre dei Massive – divenuta Overcome. In quest’ultimo brano c’è una chiave di lettura più profonda di quanto lasciassero intendere le parole “Non parla solo di sesso. Anche gli stralci che parlano di sesso, non parlano di sesso veramente. Prendete Overcome You and I walking through the suburbs/ We’re not exactly lovers‘ e poi “And then you wait/ For the next Kuwait‘. Potresti camminare mano nella mano con la tua fidanzata e contemporaneamente il Kuwait venir bombardato. Riguarda quello che accade nello stesso momento, ho cercato di essere tridimensionale, riguarda il mondo. E suppongo ci sia tanto sesso ed altrettanta violenza nel mondo. Io e Martina siamo dei documentatori, ecco cosa siamo. Documentiamo la situazione attorno a noi, violenza, morte, sesso, denaro e altre asperità del mondo”.

Il fatto che Tricky attualmente consideri tutto il disco un’enorme cagata pazzesca la dice lunga sul personaggio e sull’approccio di chi nasce con l’intento di distinguersi. Il fatto che Maxinquaye sia diventato più un disco pop – nell’accezione più larga del termine – e la voce di Martina Topley Bird sia diventata un riferimento da copiare, ha spinto Tricky a ripudiare il suo più grande successo “il successo ha trasformato Maxinquaye in un disco da ascoltare mentre si prende il caffè al tavolo”.

Il giudizio è comprensibile ma troppo severo, certo che il bombardamento mediatico può aver esasperato il giudizio su un disco enorme che ha toccato vette mai più raggiungibili da Trickytraps, ma gli ha concesso anche un credito imperituro per tutte le opere prodotte da lì in poi.

Vorrei dirvi tante altre cose, ma purtroppo mi sono dilungato veramente troppo, giusto per chiusa e per riempire un grado di separazione all’interno del ciclo di pubblicazione ricordo a tutti che Björk e Trickytraps ebbero una tresca, tra Post e Nearly God (secondo lavoro di T.)… insomma lui ci stava bene con lei, lei un po’ meno e alla fine l’ha pisciato.

Saluti.