Godere del silenzio è una pratica oramai desueta, si parla sempre di più e talvolta le parole diventano violente, ognuno si sente legittimato ad esporre il proprio pensiero, senza filtri e/o cognizione, senza avere consapevolezza delle proprie parole. Enjoy the Silence non vuol dire unicamente godere del silenzio, ma anche riflettere prima di parlare, significa pensare se è veramente necessario sprecare il fiato. Il videoclip – targato tu-sai-chi Corbjin – ritrae un Gahan modalità Piccolo Principe, in cerca di un posto tranquillo nel mondo dove potersi sedere. Alla fine lo trova il posto – dopo aver girato le highland scozzesi, la costa portoghese e le Alpi svizzere – giusto in tempo per la fine del video che si conclude con il Piccolo Dave che si mette l’indice davanti la bocca e ci intima di goderci il silenzio.
Ho cominciato con un pezzo da 90 e proseguo sulla stessa lunghezza d’onda, Gore è sugli scudi e diciamo che la sua inclinazione alla scrittura è facilitata da qualche bicchiere di troppo, ma anche da letture interessanti come Elvis ed Io di Priscilla Presley:
“è una canzone sull’essere Gesù per qualcun altro, qualcuno che ti dia speranza e attenzione. E su come Elvis Presley fosse l’uomo ed il mentore di Priscilla, di ciò che molto spesso capita nelle relazioni […]” così nasce il Personal Jesus.
Il tappeto musicale blues e la voce di Dave Gahan rendono la canzone una delle più belle ma anche una delle più violentate della storia della musica. Si salvi Johnny Cash ma tutto quello che ne è venuto dopo – come per Enjoy The Silence – spinge a pensare che il titolo del disco – Violator – si riferisca a chi ha saccheggiato e deturpato sino alla nausea queste due canzoni.
“negli ultimi 5 anni abbiamo utilizzato la seguente formula: mia demo, un mese di studio e poi il pezzo era pronto. Il nostro primo singolo degli anni ‘90 avrebbe dovuto nascere in maniera diversa” così Gore spiega l’approccio al nuovo disco, fa perciò pervenire delle demo meno complete sulle quali intervenire in maniera più pesante.
E lo capiamo sin da subito con World in My Eyes che ammicca all’elettronica stile Ultravox ma con suoni evoluti, asciutti e secchi – che troveremo poi in Zero dei Bluvertigo – si tratta del brano preferito da Andy Fletcher.
Violator suona così anni ‘90, ma non in senso negativo – tipo East 17 o robe del genere – lo fa gettando al popolo un modo diverso di intendere l’elettronica, con campionature meno rozze, un suono a tratti piuma a tratti ferro. In questo le sessioni degli studi di Milano hanno contribuito ad ampliare la gamma dei suoni a disposizione. “Abbiamo registrato la maggior parte del disco a Milano, ed è stato veramente divertente. Non so come sia stato possibile completare il lavoro, eravamo quasi sempre in giro per party notturni e non ricordo nulla. […] mentre in Danimarca eravamo nel bel mezzo del nulla, perciò fu più semplice completare il mixaggio“.
Dopo Music For The Masses e Black Celebration la stampa di settore aspetta al varco i Depeche Mode che riescono ad alzare ulteriormente l’asticella. Personalmente non percepisco Violator come un disco superiore ai precedenti, ma sicuramente la maturazione e la crescita sono tangibili tanto da far ricredere i critici albionici. La rivalutazione dei Depeche Mode è totale, da pseudo-band per sfigati elettronica a catalizzatore di masse e macchina di hit.
Ma logicamente Gahan, Gore, Wilder e Fletcher sono molto più di una macchina da hit, loro sono la storia dell’elettronica recente. Signori ecco a voi i Depeche Mode.