Ivan Lins – Agora

Troppe volte in tutti questi anni di Pillole ho inciampato accidentalmente in realtà musicali a me sconosciute, è la parte più divertente legata alla stesura di un ciclo musicale: i dischi scelti a corollario ai quali tendi ad affezionarti più, rispetto a quelli per i quali hai imbastito un intero ciclo di pubblicazioni. 

È quel che è successo con Ivan Lins e questo album di esordio Agora, che ha da poco girato la boa del mezzo secolo di vita, così straordinariamente diverso da quanto propinato dai nostri amici brasiliani incontrati fino a oggi. Ciò che mi garba di Ivan Lins è la capacità di elevare la musica  che incontriamo anche in Egberto Gismonti, in tal caso un pop raffinato, non sorprende che molti brani firmati da Lins sono stati ripescati a più riprese dal mondo jazz ( tra gli altri Toots ThielemansElla FitzgeraldQuincy Jones). 

Ho il piacere di manovrare il cono di luce in direzione di questo artista “atipico” rispetto agli altri già trattati: nasce a Rio ma passa gran parte della propria gioventù negli Stati Uniti, a Boston, per seguire il padre, ingegnere navale dell’esercito.

In questo periodo subisce l’influenza della musica americana che fa capolino, nemmeno troppo velatamente, in Agora: il sorprendete gospel ad inizio disco di Salve Salve o di Corpo-Fôlha, il trionfo orchestrale in pieno stile disco music di A Próxima Atração (brano facente parte della colonna sonora dell’omonima telenovela brasiliana trasmessa da Rede Globo, che vede altri illustri colleghi come MBP-4Rita Lee ed Elis Regina all’interno della rosa degli artisti selezionati) della title-track Agora.

A questa breve lista vanno ad aggiungersi il pop sanremese di Minha história (no, non c’entra nulla Lucio Dalla, anche se i due hanno collaborato e Lins ha appreso e attinto molto dalla libertà espressiva ed interpretativa di Dalla) e Novamente Nós. Si scorgono anche accenni di motown black music nelle canzoni che presentano maggiore garra come Hei VocêTanauê.

Qualche anno dopo sarà Miles Davis a riconoscerne l’estro creativo [certo era il Miles un pelo rincoglionito, quasi a fine corsa, ma comunque pur sempre Miles Davis ndr] “You’re a fucking composer”. Miles aveva in animo di collaborare con Lins – o almeno prendere in prestito alcuni suoi brani per poi reinterpretarli a modo suo (la produzione sarebbe stata affidata a Quincy Jones) ma purtroppo non se ne fece nulla. L’aneddoto però aiuta a comprendere la considerazione di cui gode fuori dalle mura domestiche Lins, soprattutto negli Stati Uniti, paese che lo ha adottato.  

La sua parabola è alquanto strana, comincia a suonare il piano solamente a 18 anni in ritardo rispetto a un Gismonti (che ha cominciato quasi in fasce), ma riesce ad ottenere l’investitura di grande compositore da molti dei colleghi del settore. Ha dichiarato, nel corso degli anni, quanto fosse onorato del fatto che venissero scelti i suoi brani da interpreti nazionali ed internazionali, come se si vedesse più dietro le quinte che esecutore dei propri brani. Il suo successo arriva proprio per la scelta di Elis Regina di interpretare Madalena, rivestendola di una leggerezza che la voce carica e aggressiva di Lins non riusciva a offrire.  
 
Madalena è uno dei due brani a trasmettere il senso di pura brasilianità all’interno di Agora, l’altro, O Amor é o Meu Pais, è un brano che ha assunto involontariamente un ruolo controverso finendo – ahilui – nella storia musicale del Brasile. Come ampiamente raccontato nelle precedenti pillole, in un periodo storico nel quale la maggior parte dei suoi colleghi si mettono di buzzo buono nel combattere il regime militare, Ivan se ne esce fuori con un brano all’apparenza sciovinista o, per essere più precisi, ufanista (dal testo di Afonso Celso Porque me ufano do meu pais).

Naturalmente fu un errore scambiarla per un brano ufanista, però – come già spiegato – una dittatura solitamente latita di cime (intellettualmente parlando), e sovente vengono intesi fischi per fiaschi. Il fraintendimento del significato e significante da parte della giuria, ha assicurato a Lins il secondo posto al Festival International da Cançao Popular al Ginásio do Maracanãzinho che gli ha garantito ulteriore visibilità dopo il successo ottenuto grazie a Madalena

Aldilà delle note di colore (orpelli volti a rendere questa storia fruibile), suggerisco di prendere confidenza con Agora e con la discografia di Ivan Lins, troverete molte chicche e un’idea musicale di fondo affascinante, che può piacere o meno ma sicuramente sarà in grado di ampliare lo spettro percettivo della vostra sensibilità musicale.  

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Jorge Ben Jor – Samba Esquema Novo

A cavallo tra la primavera e l’estate del 1998 i bambini di tutto il mondo impazziscono per un minuto e trenta secondi di spot proposto con petulante cadenza dalle reti televisive pubbliche e private. Va ancora di moda uscire con il marsupio e legarsi il pezzo sopra della tuta acetata alla vita, l’aria è tiepida e il profumo dei cipressi – delle sue piccole pigne e della resina – persiste nell’etere; la scuola è appena terminata e tutti i ragazzini sfuggiti alla malia delle colonie estive si riversano, quotidianamente e con il tango sotto il braccio, nei campetti sterrati di quartiere a riproporre tentativi più o meno riusciti di doppi passi, veroniche e biciclette. Le sbucciature sono all’ordine del giorno, così come il sudore acido e stantio catturato dal tessuto acrilico delle magliette tarocche. 

I mondiali di Francia – quelli del rigore di Di Biagio – stanno per cominciare e, aldilà delle vane speranze riposte nella staffetta BaggioDel Piero, lo spauracchio più grande per la vittoria finale è rappresentato dal Brasile del Fenomeno. Logico che un bambino, venga rapito dal funambolismo della pubblicità ideata dalla Nike per l’occasione.  

Logico anche che l’attenzione di un bambino sia sequestrata dal sottofondo musicale scelto dai pubblicitari. Mas que nada diventa così la colonna sonora delle partite estive, un vocalizzo da improvvisare ogni volta che nel campo si verificasse un dribbling creativo, o un gol, meritevole da essere narrato ai posteri per i canoni estetici della vita pre-world-wide-web

Quindi Mas que nada vive una seconda giovinezza a distanza di 35 anni dalla sua composizione, purtroppo però molti non sapevano all’epoca che il compositore originale non è Sérgio Mendes (autore bensì della prima celebre cover), quanto quel Jorge Ben Jor che non viene mai calcolato di pezza. 

Dispiace che tutti, di primo acchito, non riconducano la paternità della composizione a Jorge Ben Jor perché è veramente un signor autore; pensate che il suo disco di esordio si apre proprio con Mas que nada, brano dal successo planetario di estrazione sambista, reinterpretato negli anni in chiave jazz da grandi quali: Dizzy GillespieAl JarreauElla Fitzgerald (o da altri artisti di spessore provenienti della scena brasiliana quali Milton Nascimento e Elis Regina). 

Samba Esquema Novo si apre quindi col botto e ha la capacità di mantenere una qualità alta per tutto il prosieguo del breve ed intenso disco. L’apporto [Massimo ndr] dei Meirelles e os Copa 5 offre una declinazione jazz al samba, non è un caso che anche Tim, Dom, Dom – dal forte retrogusto di bossa alla João Gilberto – venga subito preso in prestito da un altro JoãoDonato. Brano dopo brano si respira un forte brasilianità, delicatezza e raffinatezza, ed è conseguenza naturale che canzoni come Balança Perna (Marisa Monte), Chove Chuva (Elza Soares), Por Causa de Você Menina sono tutti brani che hanno trovato facilmente casa anche in altri album, pluri-reinterpretati. 

Inutile soffermarsi ulteriormente sull’umore di un disco che credo abbiate già colto nelle poche righe improvvisate qua sopra e dalle note suonate da Jorge Ben Jor. La saudade, la leggerezza in apparenza indolente, che vi catapulta nelle sale da ballo del Brasile di inizio anni ‘60, quando la dittatura ancora non si era affacciata nelle vite dei cittadini. Un disco da avere nel proprio scaffale, da consumare e ascoltare ad libitum. Per quel che può valere una classificazione (per di più da parte di una testata discutibile quale Rolling Stones) il disco è stato classificato al quindicesimo posto nei migliori cento album della storia del paese. Aldilà di ciò, è un disco che ha influenzato e continua ad influenzare generazioni di artisti, che però non dimostrano la stessa capacità rivoluzionaria di Jorge nell’approcciarsi alla musica e divenire così essi stessi degli standard. 

 
Sono stato rapido ed indolore, ci becchiamo alla prossima ciuccelloni! 

Stevie Wonder – Songs In The Key Of Life

Stevie Wonder - Songs In The Key Of LifeCi sono dischi che segnano un’epoca, una intera generazione di musicisti e non. Ci sono dischi che restano sospesi nel tempo, segnando uno spartiacque e diventando immortali.

Songs In The Key Of Life ha fatto scuola tanto nella musica leggera, quanto nel soul, nel R&B, nel blues iscrivendo Stevie Wonder nell’olimpo della musica black e non solo, più di quanto i precedenti Talking Book, Innervision, Fulfillingness’ First Finale avessero contribuito a fare.

Come scritto poco sopra, Songs In The Key Of Life ha insegnato a tanti come si fa musica dal 1976 ad oggi – da Michael Jackson a Prince, da George Michael a Whitney Houston – ma al contempo dimostra di essere un sapiente lavoro di taglia e cuci da parte di Stevie che crea un compendio di tutta la musica nera in poco più di 85 minuti, dal soul al R&B, dal jazz fusion al funk, sino al rap.

Un doppio album che parla di relazioni e di amore in due dischi. Dischi che si avvalgono della collaborazione di oltre 130 musicisti, tra i quali spiccano Herbie Hancock e George Benson.

In Songs In The Key Of Life troviamo tante di quelle canzoni che non basterebbe un libro per raccontarle in modo esaustivo, perciò mi limiterò a scrivere di poche sfumature che hanno contribuito a creare la leggenda di questo album.

Come ad esempio Sir Duke, dedicata al compianto Duke Ellington (scomparso nel 1974) con riferimenti ad altri mostri sacri del Jazz:

“There’s Basie, Miller, Satchmo (ndr. Armstrong), and the king of all, Sir Duke (ndr. Ellington)

And with a voice like Ella‘s ringing out (ndr. Fitzgerald)

There’s no way the band can lose.”

La necessità di tributare un brano – per qualcuno di radicale ispirazione – è nella natura di Wonder, che fa lo stesso anche per Bob Marley (con Master Blaster) e Martin Luther King (con Happy Birthday). “Volevo dimostrare apprezzamento verso i musicisti che avevano fatto qualcosa per noi […] perciò sapevo il titolo della canzone sin dall’inizio”, dichiarerà in seguito Wonder.

As – che deve il titolo alla prima parola pronunciata nella canzone –  è un altro pezzo da 90 presente in Songs In The Key Of Life e si presta a 3 chiavi di lettura differenti:

1)   nel primo caso la canzone viene vista come una dichiarazione d’amore che un uomo rivolge alla propria metà;

2)   la seconda è una visione basata sull’amore universale da parte del cantante nei confronti di tutto il creato;

3)   la terza è una interpretazione spirituale nella quale vi è un Dio che si rivolge al proprio ascoltatore.

Pastime Paradise continua un po’ nel filone mistico tracciato da As grazie al coro degli Hare Krisna e al sintetizzatore che simula il suono degli archi, in pratica un pastiche di suoni – finto-sofisticati. Questa canzone fornisce – sia per tematiche che per sonorità – un modello al quale gran parte dei rapper si adatterà a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, talvolta scimmiottandolo altre con risultati egregi.

Eppure Songs in The Key Of Life ha rischiato di restare nella mente e nelle mani di Stevie, tant’è che – dopo aver raggiunto lo status di esponente musicale di riferimento della black music – la sua carriera stava per essere congelata, tutto quanto per votarsi al volontariato in Ghana. Il rinnovo contrattuale a tanti zeri con la Motown ha consentito a Mr. Fantastico di proseguire per la sua strada donando a tutti quanti un lavoro estremamente completo.