Tom Zé – Estudando o Samba

La parabola di Tom Zé, se non fosse reale, sembrerebbe provenire da una narrazione cinematografica statunitense intrisa di stucchevole retorica, ma essendo reale è capace di offrire un insegnamento senza tempo: mai desistere, se la qualità è reale prima o poi il mondo se ne accorgerà.  

Solitamente la vita si fa beffe degli artisti, non è casuale il rapporto tra morte e successo; come se la dipartita fosse un sigillo di garanzia per coloro che se ne vanno, una sorta di autentica del valore artistico di qualcuno che in vita ha visto la meritata considerazione col binocolo. 

Certo, la statistica è un monito, ma non mancano le volte in cui lo sfizio della ribalta mediatica in vita qualcuno se lo riesce a togliere. È il caso di molti degli artisti ospitati in questo spazio digitale, a cui fortunatamente va ad aggiungersi Tom Zé che – nonostante avesse partecipato alle turbolente manifestazioni tropicaliste – , ha inciso molti album di pregevole fattura, ma non avendo più appeal di critica e pubblico si è visto costretto ad abbandonare malinconicamente tutto per andare a fare il benzinaio. 

Per chi non lo conoscesse, Tom Zé è un fico assoluto, un giovane vecchio che maschera di rughe una giovinezza inscalfibile, un freak che a più di 80 anni ancora si tinge i capelli e presenzia sui social con più convinzione ed efficacia di me. Della mia stessa idea è David Byrne artefice di questa sua rinascita artistica e del successo internazionale che ha investito Tom

La partecipazione alla prima ondata tropicalista non è scontata, Zé si definì per gioco vanguardista retardista (nel senso di avanguardista che si ispira al passato anziché al futuro) dimostrandosi atipico rispetto agli altri artisti. Fatica con la teoria ma vola con le idee e la pratica: influenzato dalla musica dodecafonica ha saputo creare una dimensione parallela nell’ambito della musica popolare brasiliana.  

Sperimentava con maggiore decisione rispetto ai colleghi del periodo (potete confrontare la sua discografia con quanto offerto in Araça Azul, che risulta un pelo più sterile).
Nonostante ciò Zé ricorda con umile reverenza il periodo in compagnia di Veloso Gil, esaltandone la creatività e la verve politica due e lamentando di fatto una propria incapacità nel saper essere ficcante quanto loro nel dibattito nazionale e contro il regime.
Eppure per lui non c’è stato esilio bensì due arresti passati nelle carceri brasiliane, e nonostante ciò ha avuto il coraggio di partorire perle di dissidenza criptiche, come ad esempio la copertina del grandioso Todos Os Olhos sul quale campeggia un buco di culo con una biglia in mezzo (che può essere tranquillamente confuso per un occhio da lontano o per una bocca atta a imprigionare una biglia tra le labbra).  

Insomma, materiale che ridimensiona notevolmente gli individui che al giorno d’oggi si spacciano per sovversivi e dominano le nostre vite mediatiche con i loro 15 minuti di celebrità [spengo immediatamente la polemica da matusa ndr]. 

Detto ciò, è un’altra copertina che fa svoltare la vita a Tom, quella di Estudando o Samba, nella quale il filo spinato si intreccia ai cavi, definita da stesso [perdonate il gioco di parole da trattoria ndr] “una trappola” con la quale è riuscito a ghermire un innocente David Byrne – recatosi a Rio de Janeiro per un festival del cinema nel 1986.
Byrne rimase stupito dal fatto che su un disco di samba non ci fossero dei culi in copertina.  
 ha ideato una gabola da pubblicitario navigato che tende a catturare l’attenzione grazie al sapiente uso della parola samba accompagnata – con carattere minuscolo – dal gerundio “estudando” in riferimento agli “studi” che fanno parte del ramo della musica classica. 

In aggiunta, la deliziosa scaletta posizionata sul retro-copertina, sembra redatta in base agli stilemi della poesia futurista fatta di monosillabi e bisillabi (ad eccezione dell’interpretazione di A Felicidade del duo Jobim Moraes, e Índice):  

TocVaiUi!DoiMãeHein?Se

David Byrne resta folgorato dall’ascolto di questo disco [l’influenza che ha avuto sulla concezione di musica pop di Byrne è tangibile, basti pensare a Toe Jam ndr] e un paio di anni dopo riesce a mettersi in contatto con Tom Zé; lo strappa da un destino lontano dal mondo musicale, e lo mette sotto contratto con la sua casa discografica, garantendogli la giusta visibilità che avrebbe meritato già da tempo. 

In tutta questa tempesta Tom Zé ha mantenuto la barra dritta, dimostrando la sincerità di chi non si piega a nessuna logica di mercato, sacrificando – in misura – il successo in confronto ad altri colleghi più quotati ma meno incisivi. Ha sempre rispettato la propria urgenza artistica, farlo per oltre cinquant’anni non è mestiere per molti e questo penso che sia un motivo valido per ascoltare questa pietra miliare della musica mondiale. 

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AA.VV. – Tropicália: ou Panis et Circencis

Tupy or not Tupy: that is the question.” 

Il disco di cui raccontiamo oggi ha delle fondamenta antiche, gettate nel lontano 1924, quando Oswald de Andrade scrive il Manifesto da Poesia Pau-Brasil e anticipa di qualche mese la pubblicazione del Primo Manifesto del Surrealismo di André Breton,  nel quale – da brasiliano – esprime il pieno appoggio delle avanguardie europee. Questo pensiero è prodromo del ben più strutturato Manifesto Antropofago, pubblicato nel 1928 e cardine della poetica tropicalista, nel quale de Andrade ha modo di approfondire la consapevolezza del primo modernismo. 

Oswald de Andrade è stato uno dei letterati e poeti di punta del Brasile della prima parte del novecento; ha raccolto nel corso degli anni molti ammiratori, tra i quali Fabrizio De André che ne ha ammirato lo spirito poetico libertario, l’anticonformismo formale e l’umorismo caustico, tanto da citarlo nella Domenica delle Salme come “illustre cugino Andrade”. 

Il Manifesto Antropofago presenta nelle prime battute proprio la domanda shakespeariana “Tupy or not Tupy: that is the question”, giocando sull’assonanza tra “To be” (essere) e “Tupi” una delle principali popolazioni indigene del Brasile pre-coloniale. Ora, i Tupi sono storicamente riconosciuto per il vizietto del cannibalismo rituale ed è la pratica che de Andrade mutua – a livello culturale – citando Shakespeare in inglese ad inizio opera. Il documento è scritto in prosa sullo stile del Rimbaud di Una Stagione all’Inferno, e sprona i brasiliani a ribellarsi al colonialismo culturale, quindi assimilare ciò che di buono viene offerto dalle culture straniere senza subirle, ma masticandole e assimilandole, per renderle proprie. In quest’ottica si pone quanto citato da Caetano Veloso

Il cannibalismo culturale si confà alle idee di Augusto de CamposHélio Oiticica Caetano Veloso, i quali trovano viva corrispondenza nelle parole spese quarant’anni prima da Oswald de Andrade e sono animati da una ferrea volontà di far convergere le culture e la musica di tante società in quella brasiliana. In ambito musicale c’è molta tolleranza verso tutto ciò che è diverso, dimostrando un’apertura mentale a ventaglio che preoccupa non solo la politica di destra ma soprattutto i nazionalisti di sinistra. Non è un caso che Beatles, fado, Pink Floydbossa novaJimi Hendrix, elettronica, sperimentali, confluiscano in un calderone che in apparenza ha poco di ragionevole. 

Caetano Veloso lo riassume così: “Una miscela genuina fra le aspirazioni ridicole degli americanofili, le buone intenzioni naif dei nazionalisti, la tradizionale arretratezza del Brasile e l’avanguardia locale – la nostra materia prima era costituita da qualsiasi cosa appartenesse all’autentica vita culturale del Paese” 

Tale sincretismo musicale fiorisce nell’album collettivo Tropicália: ou Panis et Circencis, al quale partecipano Gilberto Gil e Caetano Veloso (i veri fautori di questo progetto musicale e degli happening ad esso collegati), Os MutantesGal CostaNara LeãoTom Zé. Con questo disco la Leão si emancipa dal movimento della bossa nova col quale era andata in rottura da qualche tempo (definendola a ragione “alienante”) ed interpreta Lindoneia, un ritorno anche alle idee di uno dei primi teorici della bossa nova, quel Sergio Buarque de Hollanda, padre di Chico, solito frequentare casa Leão

Vista l’ingombrante presenza di Caetano Veloso e Gilberto Gil, in Tropicália passa in sordina la presenza del grandissimo Tom Zé con Parque Industrial, che di lì a poco si sarebbe allontanato dal movimento tropicalista, prendendo una strada musicalmente più intrigante e determinata rispetto alla corrida sonora ed eterogenea di ou Panis et Circensis. Certo Veloso Gil offrono un’impronta ben definita e le loro collaborazioni – passate e future – con Gal Costa e gli Os Mutantes, mostrano tutti i loro limiti (la ridondanza e la smaccata autoreferenzialità concettuale) e le virtù (una strepitosa versione di Baby targata CostaVeloso con Os Mutantes ad accompagnare, o la divertente Bat Macumba). 

Panis Et Circencis è forse il picco dell’album, quello che dona un senso compiuto a Tropicália, gli Os Mutantes – con il loro spirito Iê-Iê-Iê – sono il vero collante di questo lavoro e Rita Lee – coi suoi sodali – si lancia in un carosello sonoro schernitore verso una società che applica continue reprimende culturali, e sociali, nei confronti dei giovani brasiliani. Tropicalia: ou Panis et Circencis è una continua onda che alterna passato e futuro, come a evidenziare la volontà di guardare sia al futuro che alle proprie origini, come dimostra la cover di Coração materno (brano del 1951). 

Siccome anche in questo caso sono andato bello lungo, le ultime curiosità che vi sparo riguardano la copertina del disco (ideata da Rubens Gerchman) che appare come un Sgt. Pepper’s dei poveri ma comunque dignitoso. Gilberto Gil è seduto a terra in posa come Oswald de Andrade nella foto scattata per la Semana de Arte Moderna del 1922Tom Zé si è agghindato da colportore (o venditore ambulante), mentre Caetano Veloso regge in mano un ritratto di Nara Leão che non presenzia fisicamente allo scatto [forse si era già rotta le balle del teatrino ndr]. 

Detto ciò, da questo disco discende tanta della musica brasiliana moderna e non solo: è la chiave per comprendere come si sono evolute – e il perché – tante sonorità. Al suo interno troverete anche le origini della Tropicalia di Beck presente in Mutations, o capirete cosa ha indotto David Byrne a ricercare una varietà di suono nei suoi lavori votati alla world music. Insomma ascoltatelo e coglietene tutte le sfumature, perché la dimensione di ou Panis et Circencis è estremamente sfaccettata e ad ogni ascolto avrete qualche nuova considerazione da sviscerare.  

In fondo la musica, così come l’arte, nasce per proporre domande, non risposte. 

Sergio Endrigo – Exclusivamente Brasil

Si torna a raccontare Sergio Endrigo e lo si fa sempre in occasione del ciclo brasiliano, già, perché Endrigo probabilmente è stato il più brasiliano degli italiani (o il più italiano dei brasiliani), e tanto della delicatezza e della poetica di Endrigo si è radicata nel cantautorato brasiliano, in un do ut des vivace e vincente.  

Questa volta porto alla luce un disco che ahimè non è conosciuto quanto dovrebbe dalle nostre parti, o meglio non è che sia proprio conosciuto in giro, un disco inedito in Italia, pubblicato esclusivamente in Brasile in vinile e “também em musicassete” ma mai su CD, addirittura sulla pagina wikipedia non compare nella cronologia delle pubblicazioni discografiche e nel web è difficile trovare informazioni degne di nota, figuriamoci su Spotify). 

Il rapporto tra Sergio Endrigo ed il Brasile è sedimentato e con robuste radici: nasce nel 1964 con il primo concerto sostenuto a San Paolo, in quell’occasione ha avuto modo di conoscere artisticamente Vinícius de Moraes, portandolo all’attenzione di Sergio Bardotti. Qualche anno dopo Bardotti ha conosciuto de Moraes, presentandolo a Endrigo e conducendoli all’ideazione di La Vita Amico È l’Arte dell’Incontro (con il quale Endrigo ha fatto conoscere Toquinho con de Moraes). 

Quindi, considerare Exclusivamente Brasil “exclusivamente” una registrazione ad hoc per il pubblico brasiliano sarebbe una interpretazione miope e ingenerosa nei confronti di Endrigo; certo il Brasile e i brasiliani hanno dimostrato a più istanze il proprio affetto nei confronti del nostro amato cantautore, facendolo sentire a casa nonostante la distanza oceanica, tanto che nelle 12 tracce del disco sciorina con disinvoltura un eccellente portoghese zuccherino. Ma Exclusivamente Brasil è perlopiù un disco di amicizia, tributo e ringraziamento nei confronti dei tanti degli interpreti che hanno contribuito ad arricchire l’espressività musicale di Endrigo (e che sono stati trattati nel ciclo brasiliano di pillole). 

Troviamo ad esempio il Samba em Preludio accompagnato alla voce da una giovane Fafá de Belém di Vinícius de Moraes e Baden Powell, incisa nell’ultimo album di Baden Powell Le Monde Musical de Baden Powell, eseguita nel tempo anche da Toquinho con Vinícius, e con traduzione di Bardotti assieme a Ornella Vanoni in La Voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria. Presenzia Morena do Mar di Dorival Caymmi e interpretata in Vento de Maio da Nara Leão, sempre con interpretazione dalla Leão – assieme a Chico Buarque (su un’inequivocabile composizione di Sivuca) – c’è João e Maria presente in Os Meus Amigos São Um Barato. 

Carinhoso di PixinguinhaTrocando Em Miúdos di Chico BuarqueCafé Da Manhã di Roberto Carlos (con cui ha condiviso la vittoria a Sanremo nel 1968) e Ana Luiza di Jobim ornano una scaletta che si snoda principalmente tra i regali di Vinícius con Samba Para Endrigo e A Rosa di Chico Buarque

A Rosa è stata pensata e scritta appositamente da Chico Buarque per Endrigo, che duetta nel brano in un’alternanza di versi intensa, uno scioglilingua che non lascia tanto tempo per pensare, un flusso rapido di giochi di parola che lasciano in uno stato di euforia chi ascolta. Rientra nella gilda di quei brani che devi ascoltare più volte solamente per capire come è strutturato e il perché sia strutturato in questo modo. Nel 1995 Djavan ne ha interpretato una versione decisamente meno divertente di quella offertaci in Exclusivamente Brasil

Spostando il cono di luce su Samba Para Endrigo ci si accorge del legame quasi fraterno che intercorreva tra Sergio EndrigoVinícius de Moraes. Il Maestro non solo ha scritto delle strofe in dedica al cantautore italiano, partecipando alla registrazione di Exclusivamente Brasil assieme a Toquinho, ma ha deciso di includere la stessa Samba Para Endrigo all’interno del suo ultimo lavoro Um Pouco de Ilusão dal canto suo Endrigo successivamente alla morte di de Moraes lo ha omaggiato con Ciao Poeta (sulla base della composizione di Baden Powell). 

Dimenticavo quasi di menzionare che l’arrangiamento della maggior parte dei brani nel disco è stato curato da Antônio Renato Freire de Carvalho Fróes, produttore che ha collaborato anche con Chico Buarque e Caetano Veloso in Juntos e Ao Vivo, Caetano Veloso Araçá Azul, Gilberto Gil, Tom Zé in Estudando O SambaGal Costa, Maria Bethânia, Luiz Melodia e tanti altri artisti degni di nota. 

Dopo queste poche righe di colore, mi permetto di chiudere scrivendo che Exclusivamente Brasil è una chicca che scorre rapida, alcune interpretazioni sono magistrali e vi renderete conto di non poter fare a meno di ascoltarle. Fortunatamente lo potete trovare tutto su YouTube, certo la qualità è quella che è, però se vi capitasse di innamorarvi come è accaduto a me, avrete modo di reperire facilmente il vinile online (naturalmente di seconda mano).  

Chico Buarque – Chico Buarque (Samambaia)

Che Chico Buarque destinasse tutto il proprio sforzo creativo nello stendere evocativi versi elegiaci, e se ne fregasse beatamente del nome con cui battezzare i propri dischi, questo penso lo aveste già inteso durante il primo ciclo brasiliano.  

E allora, per il quieto vivere dei poveri cristi che ascoltano, come già accaduto con i Velvet Underground il cui disco d’esordio è stato diffusamente identificato come Banana Album, quest’ennesima opera targata Chico viene rinominata – da critica e pubblico – come Samambaia, il nome della felce che campeggia dietro al Chico ridente sulla copertina. 

Ma cosa ha fatto questo disco per meritarsi un nome alternativo?  

La risposta è semplice: a causa del contenuto giudicato controverso (naturalmente controverso per il regime). 

Oltre a contenere la tanto vituperata – e pluri-censurata – Càlice, la presenza dell’inno della protesta civile Apesar de Você rende Chico una delle figure di punta non solo tra i dissidenti carioca ma anche dell’intero Brasile. Va da sé che gli aspetti da raccontare a proposito di questo disco sono numerosi e il dono della sintesi talvolta non mi appartiene, mi sforzerò di essere conciso ma ficcante. 

Nonostante quel che ho scritto e la vocazione del disco possa sembrare ribelle, esso riesce a contenere tutte le anime di Chico, più di quanto fosse riuscito a fare con Construção perché l’apertura festante di Feijoada Completa è tutto fuorché un brano presago di negatività, non contiene la fiele che abbiamo assaggiato in Construção o il languore tenero di A Banda, e forse incarna meglio di tante altre canzoni fin qui presentate l’entusiasmo conviviale tipico dello stereotipo brasiliano per antonomasia.  

Trocando em Miúdos viene prestata a Sergio Endrigo per il suo Exclusivamente Brasil e la troviamo anche qui, rappresentando la classica canzone delicata di fine relazione con climax ascendente e con saluto a quel Pixinguinha massimo esponente del choro (mas fico com o disco do Pixinguinha, sim?però mi tengo il disco di Pixinguinha, va bene?), scritta a quattro mani con quel Francis Hime, trait d’union tra ChicoBituca per O Que Será?. 

Il disco si dimostra ben equilibrato nell’alternanza tra brani impegnati, ritmati, “leggeri”, il pathos non viene mai meno anche nella levità di Pedaço de Mim offerta dalla voce di Zizi Possi o nella sublime di Tanto Mar, scritta nel 1975 ed ispirata alla rivoluzione dei garofani in Portogallo (Revolução dos Cravos) del ‘74 col quale è stato deposto il regime post-salazarista dell’estado novo

Tanto Mar la eseguono Chico e Maria Bethânia per una serie di spettacoli al Canecão, nel quartiere Botafogo. Per poter ottenere la pubblicazione nel 1978 Chico ha dovuto rimettere mano al testo in quanto la versione primigenia conteneva versi che non andavano a genio al “Ministero della Verità”. 

Naturalmente non è un caso sporadico, Chico può vantare una lunga lista di composizioni poco gradite ai regimi brasiliani, non ci si può fermare solo ai brani presenti in Samambaia come Meu AmorApesar de Você e Càlice. Quest’ultima – dal testo evocativo – gioca sulla religiosità del tema – paragonando il calvario di Gesù sul Golgota con la situazione vissuta dai brasiliani con i governanti –  per attaccare il regime su una linea sottile e continue perifrasi e giochi di parole, su tutti: càlice

Esso funge da sostantivo quindi come un calice che, anziché contenere il sangue di Cristo, è colmo del sangue degli innocenti castigati dal regime, ma anche come un verbo declinato all’imperativo, un taci (in portoghese cale-se, omofono di càlice) abbaiato con rabbia dal regime per censurare il popolo governato. La canzone nasce dalla penna di Chico e Gilberto Gil nel 1973 per il festival musicale Phono73 a San Paolo, è stata sabotata ed ha visto la luce solo 1978 con la versione presente in Samambaia con Milton Nascimento.  

Poco dopo che Chico e Gilberto hanno cominciato a eseguire la melodia punteggiandola di tanto in tanto con la parola càlice, i microfoni sono stati spenti dagli stessi organizzatori che – presa coscienza del brano – hanno sconsigliato di interpretarlo. In particolar modo la cruenza del verso finale “E che la mia testa la smetta di pensare come te./Voglio annusare i vapori del gasolio/e ubriacarmi fino a esser dimenticato!” si riferisce all’omicidio di Stuart Angel. attivista del MR-8, soffocato con il tubo di scappamento di una jeep infilato in bocca. 

Ciliegina sulla torta di questo racconto fiume, è Apesar de Você che conclude l’album ed è stata composta ancor prima di Càlice nel 1970. Definito il “samba dedicato al dittatore di turno”, è stata pubblicata proprio nel 1970, quando Chico ha terminato il proprio esilio italiano (convinto a tornare dal discografico André Midani illudendolo che la situazione nel paese natale fosse migliorata), eludendo inizialmente il controllo della censura, vendendo 100.000 copie in pochi giorni, salvo poi subire lo stop da parte del governo di Emílio Garrastazu Médici che, ravvedendosi, inviò nella filiale della Philips la polizia a distruggere le copie del disco. 

Storicamente le pedine di un regime, e talvolta anche le teste a capo dei reparti, brillano per solerzia ma non per ingegno, questo è uno dei casi che conferma la precedente enunciazione, perché se vai nella sede della Philips, distruggi le copie ma te ne freghi bellamente dei master, ti esibisci in tutta la tua corrusca cialtroneria. 

Or dunque, seppure Apesar de Você fosse stata ritirata dal mercato, si era diffusa a macchia d’olio diventando l’inno di un popolo soppresso. Chico ha dribblato abilmente le critiche del governo in merito al você spiegando come non fosse una critica al governo, bensì a “una donna molto prepotente, decisamente autoritaria”. 

Durante il regime l’arguzia e la capacità di piegarsi, e non spezzarsi, ha consentito a molti artisti di aggirare abilmente il giogo dittatoriale, riuscendo ad imporsi come fiaccola di speranza per chi non disponeva più strumenti per credere nella libertà. È un inno che trova sempre voce, nella ciclicità dei momenti bui (come nella recente elezione di Jair Bolsonaro), ogni brasiliano si ricorderà di cantare: 

Tu che hai inventato questo stato 
e ti sei inventato di inventare 
tutta questa oscurità. 
Tu che hai inventato il peccato 
ti sei scordato di inventare 
il perdono 

Tuo malgrado 
domani sarà 
un altro giorno
” 

Chico Buarque de Hollanda – Construção

Analogamente all’esilio romano di Chico, anche Pillole si è autoesiliato (dall’etere digitale) per respirare e astrarsi dalla giungla di parole che ha adornato le nostre vite da un anno a questa parte.

Come Chico ha cercato di mantenere viva la fiamma intellettuale, anche questo spazio digitale ha tentato – in primis – di sopravvivere a quest’anno balordo, mantenendo lucidità e maturando una coscienza differente rispetto al passato: centellinando le parole.

Ci eravamo lasciati quindi al volontario esilio romano di Chico Buarque de Hollanda, durante il quale ha avuto modo di registrare tre dischi, dopo questa parentesi per lui giunge il tempo di tornare nella terra natia, nel pieno fulgore della dittatura militare.  

Siamo di fronte a o milagre econômico brasileiro che: coincide con la censura dei media; l’esilio (o la scomparsa) dei dissidenti; la vittoria del terzo mondiale di calcio e la coniazione del motto: Brasil, ame-o ou deixe-o (Brasile, amalo o lascialo).  

C’è chi ha avuto il coraggio di esporsi in prima linea con aperta ostilità e – nel migliore dei casi – è stato arrestato, come Gilberto Gil e Caetano Veloso, e chi ha cercato invano di non compromettersi per poi tornare e provare a cambiare le cose quando cambiarle appariva quasi impossibile. 

Il cambio di marcia è proprio Construção: atto di critica e d’amore per il proprio paese ferito col quale Chico si mette in gioco pubblicamente. Un attacco frontale ad un paese prono che al contempo vive il boom economico, un guanto di sfida lanciato alla pubblica censura che comporta qualche inevitabile revisione del testo da parte del “Ministero della Verità”. 

In apertura Deus Lhe Pague (Dio ti benedica) è l’angosciante scioglilingua che introduce l’ascoltatore in questo nuovo mondo, amaro e frustrante, nel quale ogni povero cristo è vessato e costretto a ringraziare i propri aguzzini pur di vedere salva la vita. Desalento è una carezza romantico alla quale Vinícius de Moraes contribuisce, come per la tenera Valsinha (della quale esiste una versione italiana scritta da Bardotti ed interpretata da Mia Martini), composta a seguito di uno scambio epistolare tra il poeta e il suo giovane parceiro

Generalmente in Construção è misurabile una consapevolezza differente nei propri mezzi: non c’è più il tiepido Chico di A Banda che cerca di trasmettere la felicità, ma un uomo adulto che tramite l’epica disincantata della title track (in italiano sempre a firma di Bardotti cantata da Jannacci) punta il dito verso la precaria condizione dei lavoratori. Pedoni resi alieni – condannati a morte prima che il gioco cominci – da sacrificare senza smarrimento emotivo sull’altare del modernismo e dell’urbanismo: “si muore disturbando il traffico”. 

Questa macabra poesia, ossessiva nello sviluppo – che varia nelle sfumature ma non nel concetto -, racconta l’ultimo giorno di vita di un operaio qualunque e lacera il velo d’ipocrisia sociale. Essa presenta un’attinenza contemporanea che mette i brividi se si pensa alla precarietà in cui versa oggi il paese del Pan di Zucchero, nel quale si è tornati a classificare e immolare i cittadini in base all’estrazione sociale. 

La distanza vissuta da Chico ha acuito la sofferenza per la condizione vissuta dal Brasile; fa perciò tesoro degli insegnamenti italiani, lo si respira nel ritmo ferino e serrato di alcuni suoi brani – soprattutto – ad inizio di disco, che si sviluppano con un incedere convulso e asfissiante, salvo poi tornare all’incanto tipico di Chico con Minha historia – la versione brasileira di 4/3/1943, una carezza all’Italia e al suo amico Lucio Dalla – e Samba de Orly.  

L’origine non è chiarissima ma la storia più accreditata vuole che fosse stata pensata sulla musica che Toquinho, nel suo ultimo giorno romano (1969), ha donato a Chico e sul quale il nostro occhi di ghiaccio ha scritto un testo denso e ricco di malinconia. Tra queste strofe sembra che Vinícius abbia introdotto 3 versi, cassati dalla censura: “Chiedi perdono / per la mancanza / un po’ forzata” divenuti poi “Chiedi perdono / per la durata / di questo periodo”.  

Toquinho la ricorda così: “L’Italia era il paese scelto da Chico per l’esilio, e mi invitò a seguirlo. Suonammo alla Bussola di Viareggio, poi il nostro produttore ci inserì nello spettacolo di Josephine Baker. 35 concerti in tutta Italia, da nord a sud. Quando sono tornato in Brasile, ho lasciato a Chico un tema senza testo. Prima di salire sull’aereo, lui mi diede un foglio con quattro versi. Due anni dopo nacque ‘Samba de Orly‘, scritta anche con Vinícius. Orly era l’aeroporto in cui sbarcava la maggioranza dei brasiliani perseguitati dal regime militare.” 

Construção è storia. Un piacevole ascolto, aldilà dei temi di indiscutibile densità, un valore per conoscere e approfondire uno periodo doloroso della storia contemporanea brasiliana e per gustare il più che eccellente accompagnamento musicale degli MBP-4 e di Tom Jobìm (in Olha Maria).  

Chico Buarque de Hollanda – Chico Buarque de Hollanda

Per il ciclo “Il titolo è una cosa seria, molto seria” [parafrasando la buonanima di Osvaldo Paniccia ndr] oggi trattiamo uno degli artisti del mio cuore, che ha avuto il merito di guadagnarsi molto spazio in questo ciclo di pubblicazione. 

Vinícius de Moraes lo ha omaggiato, nel Samba delle Benedizioni, con dei versi colmi d’amore e stima paterna 

“Benedizione, Chico Buarque de Hollanda 
Tu che non chiedi, comandi 
Tu che hai nel cuore una banda 
Tu che appena parti, già sei arrivato!” 

Quella banda nel cuore è la stessa arrivata a noi nel 1967 tramite Mina e la traduzione di Antonio Amurri, ma che è stata nel 1966 successo brasiliano per merito di Nara Leão e poi dello stesso Chico (che l’ha inserita nel suo primo disco dal titolo super originale ad apertura). Come già scritto nelle precedenti pillole, il sodalizio LeãoBuarque è stato di singolare intensità, un rapporto artistico che ha condotto entrambi al successo e che ha generato stelle folgoranti nel firmamento musicale brasiliano. 

Pensate, all’inizio, quando ancora non conoscevo lo spessore artistico e la carriera di Chico, lui mi stava un po’ sulle balle. Lo avevo etichettato come finto timido [ahimè cado in sciocchi cliché nonostante mi batta per eliminarli ndr]. Così bello, fortunato, figlio di papà. Tutti elementi che hanno innescato in me un meccanismo denigratorio difficile da interrompere. 

Poi ho capito.  

La sua timidezza è reale, quella voce intensa ma senza pretese e quegli occhi così tristi non possono mentire. La sofferenza quasi nello stare sul palco, le velleità da scrittore più che da musicista. Un uomo che ne ha viste nella propria vita e non ha taciuto di fronte alle angherie, anzi ha dato voce a chi non ne aveva, mettendosi di traverso al regime. 

Se Chico ha ottenuto il riconoscimento planetario, questo, è grazie a A Banda, un brano – in apparenza languido – che tutti ricordiamo per averlo cantato da bambini. Ispirato dalla canzone Ensaio Geral di Gilberto Gil (presente in Luvaçao), compone in un giorno la base armonica, alla quale si è aggiunta la stesura del testo che non ha preteso tanto tempo in più. Un flusso incontenibile che Chico ha riversato su nastro con l’obiettivo di competere per il Festival di Musica Popolare Brasiliana (il Sanremo brasileiro ispirato proprio alla kermesse della città dei fiori). 

Grazie all’interpretazione della Leão, in coppia con Chico, la canzone vince il festival (alla pari con Disparada di Geraldo Vandré) vendendo oltre 50mila copie in 4 giorni.  Ciò che solitamente non viene colto di A Banda, è il messaggio: un acquerello che descrive la disperazione nelle persone della città, afflitte dalla condizione sociale, dalla solitudine, dalla paura. Un coacervo di sensazioni mondate dal passaggio della banda di paese che “cantando coisas de amor” dona la speranza tra i cittadini. 

Oltre a scorrere come acqua tra le dita, questo disco si fa volere bene, avvicinando l’ascoltatore alla musica popolare brasiliana senza forzature. L’esordio su LP di Chico contiene tante canzoni che tratterò nei prossimi articoli e per le quali ora preferisco non soffermarmi (Tem Mais Samba, Pedro Pedreira, A Rita, etc… chi conosce l’argomento sicuramente avrà già capito i riferimenti).  

Posso tranquillamente asserire che vi ritroverete ad ascoltare questo album più e più volte durante la giornata, senza essere in grado di riconoscerne la fine e l’inizio. Le chiappette vibreranno al ritmo giusto (almeno fino alla prossima pillola). 

Nara Leão – Opinião de Nara

L’Audacia è Donna.  

Sarà per questo che tantissimi intellettuali – e musicisti – hanno trovato nella casa di Nara la base per sviluppare il loro manifesto intellettuale. Oscar Catro NevesCarlos Lyra, Roberto Menescal, Ronaldo BoscoliSérgio MendesVinícius de Moraes e Sérgio Buarque de Hollanda sono alcuni dei pesi massimi transitati presso l’abitazione Leão a Copacabana

In brevis, la Leão da Lyra Menescal ha ricevuto lezioni di chitarra, quando per una ragazza già disporre di “um violão” è un atto progressista. Col compositore e produttore Boscoli – che ne ha tracciato il percorso artistico – ha avuto una liason (terminata per il tradimento consumato da lui con Maysa Monjardim). Mendes lo approfondiremo nei prossimi racconti, idem Vinícius, che ha scritto per lei dei meravigliosi brani. Mentre Sérgio Buarque de Hollanda è il legame di Nara con ChicoSérgio è il padre di Chico, colui che lo ha portato in Italia per la prima volta in tenera età, ma come direbbe Carlo Lucarelli “questa è un’altra storia”. 

Comprendete che parliamo di gente di spessore, in grado di imbastire un movimento sociale in aperto contrasto con le brutture di quella che diventerà una dittatura asfissiante e che accompagnerà verso la fine degli anni ‘60 i “dissidenti” – tra i quali Caetano Veloso, Gilberto Gil, Chico Buarque e la stessa Nara Leão – a vivere da esiliati in Europa alcuni anni. 

Insomma, se la rivoluzione della Bossa e – successivamente – di Tropicalia si è compiuta, parte del merito è ascrivibile  anche alla ”musa”. 

Tale soprannome è stato discusso per il valore sessista che ha incarnato, sì perché nell’immaginario collettivo di un Brasile fortemente conservatore, di Nara Leão viene esaltata la candida bellezza e la sua giovane età [Amadeus scansate proprio che qui ce so arrivati prima de te ndr], piuttosto che il determinato impegno politico e la soave voce.  

Podem me prender, podem me bater / Podem até deixar-me sem comer / Que eu não mudo de opinião 

[Possono arrestarmi, possono picchiarmi. Possono anche lasciarmi digiuna. Ma non cambierò mai la mia idea.

Nel 1964 a distanza di 6 mesi dal Colpo di Stato di João Goulart, la Leão contribuisce a dare vita ad uno spettacolo teatrale (in cui poi verrà sostituita da Maria Bethânia , sorella di Caetano Veloso) dal quale trae il suo secondo album Opinião de Nara, un disco di protesta che annovera alcuni brani che possono a oggi considerarsi classici della musica brasiliana come Deixa e Labareda (di Baden Powell Vinícius De Moraes), BirimbaoAcender As Velas Opinião

Insomma ci vogliono due palle cubiche per cantare delle cose del genere sotto regime, e tanti uomini non le hanno, probabilmente nemmeno io. Un’urgenza da parte della Leão di discostarsi dal cantare i temi ridondanti affrontati dalla Bossa della sfera di Boscoli (quella della saudade, dell’amore e del sorriso), uno scostamento che trova poi ulteriore sfogo nella partecipazione al manifesto tropicalista Tropicalia ou Panis et Circencis del 1968

Come avrete inteso, questo ciclo di Pillole vanta un approccio differente rispetto a quelli del passato, è volto a raccontare l’articolato contesto della musica brasiliana, più che il disco in sé… che poi diciamocela tutta, è il modo migliore per apprezzare un ascolto e contestualizzarlo in un periodo storico sociale a noi poco conosciuto.  

Spero di non tediarvi. 

Nara Leão – Vento de Maio

Tempi straordinari richiedono pillole straordinarie. Quindi preparatevi ad una super ciclo di rotture di balle e a pipponi senza sosta.

Credo nel destino e nel rapporto causa effetto.  

Negli anni mi sono imposto di pensare che, celate nelle avversità di alcune situazioni, ci fossero delle opportunità di miglioramento intimo e personale. Un ragionamento che fa scopa con la situazione storica che stiamo vivendo.  

La necessità di osservare il circostante da quest’ottica ha ammorbidito sempre di molto i bassi a cui sono andato incontro. Sicché è accaduto un paio di anni fa che in uno di questi momenti di fitta nebbia, abbia avuto la fortuna di imbattermi nella mia guida.  

Nara Leão è colei che ha afferrato fortissimo la mia mano, fissandomi con quei due profondi occhi madididi malinconia e cantandomi intensamente “Vem comigo“. 

Grazie all’ascolto compulsivo dei suoi album sono entrato in contatto con il complesso ed articolato universo della musica brasiliana, approcciando con la Bossa Nova Tropicalia. Ho sempre respinto questo mondo, ma ho affrontato i preconcetti avvicinandomi a capolavori sconosciuti e che mai avrei pensato di ascoltare. Quindi se doveste avere delle resistenze, vi chiedo di provare a metterle da parte, altrimenti ci ritroveremo a ciclo terminato. 

Ho avuto il piacere di addentrarmi nella cultura brasiliana e trovare così una lingua tanto musicale quanto poetica, capace di trasformarsi in strumento per quanto dolce, morbida e zuccherosa appaia [ricordate gli studi sulla voce di Stratos, Sumac e Buckley di cui vi avevo accennato? Potete confrontare quanto scritto in passato con questo nuovo ciclo di ascolti ndr]. Per non citare le soluzioni musicali così raffinate, esotiche, che impreziosiscono melodie in apparenza semplici.  

Insomma, la semi-sconosciuta Nara Leão è stata la mia Beatrice, insegnandomi tanto con una grazia innata, guidandomi giorno per giorno. Dal momento in cui l’ho conosciuta me ne sono innamorato, e non è accaduto solo a me, ma anche a una generazione di musicisti per cui lei è stata una rampa di lancio. 

Non sono solito affrontare dei nuovi cicli di Pillole in maniera anacronistica, ma Nara ve la andrò a descrivere ulteriormente con Opinião de Nara, nel più classico dei passi del gambero.  

Che dire su Vento De Maio?

Beh [nonna mi diceva sempre che la pecora fa beh, e non sopportava sentirmi cominciare una frase così, forse per contrasto ora vado ad usarlo spesso all’inizio di un discorso… ma a voi frega sicuramente un cazzo di ció ndr] è un disco che ho consumato di brutto e che ha schiuso il portone della mia ignoranza, per questo avrà la mia gratitudine imperitura. Raccoglie una scelta di brani omogenea, logica degli incontri e delle relazioni intessute in quegli anni. Vinícius de Moraes, Sidney Miller, Gilberto Gil (Noite Dos Mascarados è poesia) e Chico Buarque sono alcuni dei pesi massimi co-protagonisti di Vento De Maio.  

Sarà proprio con Chico che Nara scriverà le pagine più romantiche della MPB (musica popolare brasiliana), alcune delle quali trovate anche in questo lavoro. Per darvi una dimensione dello spessore interpretativo di cui vi ho accennato nelle righe superiori, vi assegno il classico compito a casa: ascoltate ad esempio Com Açucar, Com Afeto di Chico (scritta appositamente per lei), o A Praça, nelle interpretazioni della Leão e successivamente in quelle di Mina (Mina Canta o Brasil del 1970), troverete una spigliatezza e una sensibilità che la tigre di Cremona non è riuscita a trasmettere (senza nulla togliere alla tigrona nazionale). 

Sono certo che la bellezza interiore di Nara vi sospenderà a mezz’aria e vi accompagnerà in questi giorni, come sta facendo con me quando ne ho avuto bisogno. 

Dopo questo super-pippone, vi auguro una buona scoperta!